Marchionne trasferisce, Grosso in Lombardo licenzia
La vicenda del referendum a Mirafiori appare il riflesso paradigmatico delle mutate condizioni del mondo del lavoro e, più in generale, dei cambiamenti in atto nella società contemporanea.
Nello specifico, L’Altra Sicilia ha criticato con veemenza l’incapacità della politica di opporsi alla chiusura dello stabilimento di Termini Imerese, unica realtà industriale nel comparto produttivo isolano che avrebbe dovuto essere maggiormente tutelato, specialmente perché interessava un territorio che ormai aveva abbandonato lo sfruttamento delle risorse agricole per inseguire la falsa chimera di un’industrializzazione, forzata, in una terra che ancora soffre della mancanza di infrastrutture, di collegamenti, di reti di trasporto in maniera così’ pesante da essere relegata ancora più alla periferia dei mercati.
Se a questo aggiungiamo poi la piaga dell’assistenzialismo statale, retaggio di quel Risorgimento imposto con la forza alle popolazioni dell’Isola, la tendenza alla ricerca di soluzioni lavorative è sempre apparsa cosa ardua e oltretutto improbabile, specchio di una mentalità che non ritiene necessario rimboccarsi le maniche per cercare di cambiare il suo stato ed evolversi.
Abbiamo anche sottolineato la protervia dell’Ad svizzero-candese, cui verosimilmente non interessa assolutamente nulla della Sicilia o di Mirafiori e che, in linea con i nuovi capitalismi, vede soltanto nei risultati produttivi aziendali il fine ultimo del suo operato, peraltro ben retribuito, alla faccia di etica e solidarietà sociale.
Certamente gli scenari socio-politici che si vengono oggi delineando hanno ribaltato gli antichi assetti partitici,sconvolto la suddivisione storica e culturale tra destra e sinistra, l’una scomparsa, non per necessità politica, ma per i capricci di un presupposto leader, l’altra eclissatasi di fronte alle tematiche societarie la cui risoluzione era sempre apparsa chiave del suo impegno ed oggi perdutasi nella confusione centrista, a svantaggio, alla fine dell’etica politica, che ormai vive negli equivoci di un malinteso cambiamento.
Vicenda paradigmatica, dicevamo di Mirafiori, perchè dimostra la fine delle ideologie, quelle capitaliste e quelle stataliste, e attesta chiaramente che il ruolo del sindacato, prima mezzo per la tutela della dignità del lavoratore, oggi viene superato dal fine del lavoro tout court, con buona pace delle condizioni di lavoro, della solidarietà sociale e dell’equità delle retribuzioni. Lavoro che oggi dovrebbe essere inteso come fonte di reddito che riesca a tenere in vita l’azienda ma anche il reddito di lavoratori, che crei ricchezza e permetta così nuovi investimenti e non quel parassitismo di agnelliana memoria, che perdura nelle industrie italiane in genere, come ben dimostra l’attitudine della FIOM, ancora legata al vecchio gioco dell’elastico tra padrone e forze sindacali, legati entrambi alle sovvenzioni statali, pena la sopravvivenza di entrambi.
Ormai si contrappongono le logiche del guadagno a quelle della produzione solidale, umanesimo a minimalismo, e non è cosa che riguarda soltanto l’Italia, ma l’intera società contemporanea.
Il senso dell’essere, l’umano stesso è ridotto a calcolo quantitativo, all’essenziale scevro di sacralità; è il trionfo dell’effimero, del contingente.
Il boom economico di paesi emergenti come i 4 giapponi, il brasile e l’area asiatica in genere, fungono certo da riferimento allo sviluppo industriale ma anche sovvertono i vecchi modelli di comportamento. Le logiche della produzione selvaggia per adeguare i prodotti ai mercati ormai globalizzati lasciano per strada regole e norme che appaiono superate e quando ancora osservate, relegano quelle industrie nel limbo della crescita zero. I comportamenti virtuosi e solidali vengono osservati con sufficienza a fronte dell’imperativo categorico del guadagno e della conquista dei mercati.
Siamo convinti, oggi più che mai, che i concetti di sinistra e destra siano destinati a rimanere categorie del privato, incompatibili con le teorie che oggi vengono ad imporsi nel mondo contemporaneo sulla via dello sviluppo e del progresso, ormai declinato con le coniugazioni del consumo e dell’indifferenza sociale.
Non ci meravigliamo più di nulla nè ci scandalizziamo se gli operai preferiscono lavorare in condizioni precarie, ma pur lavorare piuttosto che perseguire uno sviluppo armonico di crescita personale nell’ambito di un’azienda: non è colpa loro se vengono messi davanti al dilemma 😮 posto di lavoro, con quello che puo’ significare o disoccupazione. Che non sia una legge anodina del mercato quanto piuttosto il dictat di un amministratore delegato non cambia lo stato delle cose. Ormai il lavoro è bene sempre piu’ raro e la sua salvaguardia diviene la priorità irrinunciabile,anche a dispetto della libertà individuale e sindacale.
Alle logiche perverse del mercato si collegano purtroppo anche le attitudini degli uomini che detengono, momentaneamente si spera, il potere.
Lombardo infatti continua imperterrito a spacciare per novità un governo regionale che brilla per inefficienza e immobilismo: nessuna iniziativa per combattere disoccupazione e crisi regionale totale, solo perenne conflitto di interessi, ora che si sente padrone assoluto della regione siciliana. Nonostante il nuovo alleato, il PD battuto alle urne e oggi impunemente al potere, lo abbia sfiduciato all’unanimità, i quattro giannizzeri responsabili regionali PD, attaccati alle poltrone, si richiamano al loro partito nazionale per bloccare la fronda, senza capire che è fronda di popolo, non di strategia politica. Vogliono continuare ad appoggiare Lombardo, virtuoso per aver abbandonato il berlusca, non per particolari meriti gestionali.
Lombardo, che si permette anche di ricattare l’opinione pubblica subordinando il mantenimento di 4 posti di lavoro alla fruizione di un finanziamento, peraltro già allocato, all’ azienda agricola Grosso, un finanziamento di 530 mila euro a fronte di una richiesta di 1,3 milioni, attribuito appunto alla signora Saveria Grosso in Lombardo, senza che questo ministro presidente che vi siete pagati senta il bisogno di nascondersi (e dimettersi, oh, oh, oh) per aver predisposto,lui, i requisiti e i criteri di esame delle domande di finanziamento, incaricato lui, i direttori generali di sua nomina, di esaminare le richieste ed infine di avere approvato, lui, il finanziamento finale.
Per la cronaca, che i legami fra gli ex democristi siano piu’ stretti che mai, lo dimostrerebbe il finanziamento di 743 mila euro che avrebbe ottenuto anche l’azienda della signora Giacoma Chiarelli in Cuffaro, a fronte di una richiesta di 1,8 milioni di euro.
Il fortino di Palazzo d’Orleans sembra oggi la ridotta imprendibile dei privilegi e dei soldi allocati agli amici e agli amici degli amici, se anche nel 2009 la signora Grosso aveva presentato domanda di sovvenzione per un impianto fotovoltaico di 5milioni e 600 mila euro, ottenuti nel lampo di 2 mesi, un vero miracolo se si considerano i tempi biblici impiegati dall’amministrazione regionale per il disbrigo di semplici pratiche.
Toccato sul vivo, Lombardo preferisce pero’ difendersi usando la tattica inversa a quella che utilizza Marchionne: l’ad di fiat minaccia il trasferimento e la dismissione degli stabilimenti, il Ministro Presidente rinuncerà pure al finanziamento già attribuito alla moglie, ma di conseguenza dovrà licenziare i 5 addetti, attualmente impiegati nella sfortunata azienda.
Come volete che possa iniziare, per la Terra Impareggiabile, un futuro di progresso e di legalità se le esigenze del mondo del lavoro, ormai senza regole etiche, diventano logiche improrogabili e per di piu’ sono aggravate dagli egoismi e dall’incapacità della classe dirigente siciliana, dedita a coltivarsi il suo piccolo orto, alla faccia di disoccupazione, crisi economica e futuro?
Come possiamo sperare nella rinascita dell’Isola se il nostro quotidiano è squarciato ogni giorno da notizie di “pocceria e malavinnita”?
Ufficio Stampa
L’Altra Sicilia – Antudo