Europa a rischio: Irlanda verso il crack, Portogallo fuori dall’euro
Dichiarazione shock del ministro degli esteri di Lisbona Amado (nella foto). E per evitare attacchi speculativi contro i PIIGS prima dell’apertura delle borse la Commissione europea ha messo a punto un piano di aiuti per l’Irlanda da 80 miliardi, 4 volte quanto costo’ il bailout della Grecia. Ma vale la pena salvare paesi irresponsabili, imporre piani feroci di austerita’, abbassare la qualita’ della vita a milioni di persone? Alert Btp e Cct (dal 2013 in poi).
Le notizie si susseguono, in questa domenica di fuoco per chi segue da vicino la geo-politica e la finanza globali. La news piu’ clamorosa e’ un’intervista del ministro degli Esteri del Portogallo Luis Amado al locale settimanale Expresso: Lisbona potrebbe essere costretta a far fronte “ad uno scenario di uscita dall’euro” – ha detto Amado – “per riguadagnare le condizioni di stabilita’ e fiducia dei mercati”. “Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti i gruppi politici e delle istituzioni, per fronteggiare la gravita’ della situazione”.
Nel frattempo la Commissione europea ha messo a punto un piano di salvataggio per l’Irlanda, vicina al crack, da 80 miliardi di euro, come scrive il sito web del quotidiano britannico The Times. L’obiettivo e’ che la tensione si stemperi prima dell’apertura delle borse lunedi’ mattina. Fonti di Bruxelles fanno capire che “Dublino non ha richiesto gli aiuti”, utilizzando le stesse (ipocrite) parole usate come copertura lo scorso maggio, quando fu predisposto il piano di aiuti per la Grecia.
Il problema dell’Irlanda e’ piu’ urgente – quello del Portogallo viene subito dopo – e dimostra che sulla stabilita’ finanziaria dell’Europa e’ in atto una guerra “quasi nucleare”, con tutto quel che ne consegue per l’euro. Peccato che in Italia il 95% dei cittadini non sappia nulla di quanto sta accadendo, essendo la massa lobotomizzata e concentrata (si fa per dire) sulla caduta o resistenza di Silvio, le sue escort, il calcio, il Grande Fratello.
La questione dell’Irlanda e’ molto simile (fatte le debite proporzioni) a quella degli Stati Uniti o peggio ancora degli stati Usa colpiti dal 2007 da una recessione feroce (Nevada, California e Florida). Il boom immobiliare, insieme a un fervido settore hi-tech e ad un comparto finanziario e bancario aggressivo e iper-speculativo hanno portato ad una crescita formidabile dell’economia in Irlanda tra il 1995 e il 2007, per cui il pil irlandese e’ lievitato circa +6% all’anno (quasi il doppio dei partner europei). Quando la bolla sul mercato immobiliare e’ poi scoppiata, il credito bancario e l’elargizione di mutui si sono congelati, allora la frenata per Dublino e’ stata drammatica: il pil e’ calato -3% nel 2008 e -8% l’anno scorso. Il sogno irlandese si e’ trasformato in incubo e ora le banche locali hanno debiti “inesigibili” complessivi pari al 55% del pil.
Che sta per succedere? Intanto mentre i portoghesi pensano che sia meglio far da se’ e tornare al dinheiro, gli irlandesi sono infuriati con la Germania, l’unico paese forte in quest’Europa traballante, dopo che il cancelliere tedesco Angela Merkel ha provocato un pesantissimo sell-off dei titoli di stato sia dell’Irlanda sia degli altri PIIGS, cioe’ i paesi periferici dell’Ue (i PIIGS sono appunto Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) con lo spread vs bund e i prezzi dei CDS, i credit default swaps arrivati giovedi’ ai massimi assoluti dal lancio dell’euro 11 anni fa (lo stesso e’ accaduto per i Btp dell’Italia, ma qui da noi la Casta al potere parla d’altro….). Tutto cio’ e’ accaduto quando la Merkel ha fatto dire a un suo collaboratore che i possessori di bond (sempre per capirci: in Italia gli investitori privati e istituzionali che hanno in portafoglio Btp e Cct) dal 2013 dovrebbero assumersi anche loro gli oneri dei salvataggi di ciascuna nazione dell’Europa a rischio crack (leggere nota [a] a fondo pagina). Il che, nelle strategie della Germania, implica operazioni di ristrutturazione del debito per via dell’effettiva insolvenza, in altre parole tutti i tagli di titli di stato in circolazione verranno “ristrutturati” e fatti confluire a tassi piu’ lunghi su poche emissioni future (immaginate che conseguenze questo scenario potra’ avere per le banche, aziende e cittadini in Italia).
Tutto cio’ dimostra la gravita’ della crisi europea, con la Merkel unica voce in grado di raccontare LA VERITA’ e di pensare al futuro con pragmatismo mentre i paesi della vecchia guardia – pretenziosi, snob e in difficolta’ – annaspano (vero mr. Giulio Tremonti?). Ma l’amara realta’ dei mercati finanziari (gran livellatori e perfino apportatori di sonore “punizioni” per i governi inefficienti) e’ che il salvataggio da €22 miliardi di euro della Grecia effettuato lo scorso maggio sara’ poca cosa, perche’ salvare l’Irlanda costera’ 4 volte di piu’, cioe’ come minimo €80 miliardi e secondo alcune fonti fino a €100 miliardi. I capitali saranno messi a disposizione dallo European Financial Stability Facility (EFSF), il fondo di emergenza lanciato mesi fa all’apice degli attacchi speculativi contro l’euro, con liquidita’ complessiva di €750 miliardi. Nessuno sa cosa accadra’ se pero’ le intenzioni espresse oggi dal ministro degli esteri del Portagallo Luis Amado facessero veramente breccia e diventassero realta’.
Hedge funds e banche aggressive lavorano in queste ore sul seguente scenario: se l’Irlanda accettera’ il maxi-salvataggio quadruplo per importo rispetto a quello greco, allora lunedi’ il prezzo dei bonds irlandesi salira’ (e il rendimento o tasso scendera’ sotto l’8% e forse anche verso il 7%. Tuttavia e’ probabile che il bail-out di Dublino provochi una sorta di effetto domino non voluto sui titoli di stato proprio degli altri paesi periferici Ue a cominciare ovviamente dal Portogallo (i cui CDS denotavano venerdi’ il massimo livello di rischio tra i CDS europei). Peccato che in poco tempo Lisbona dovrebbe chiedere a sua volta aiuto attingendo allo European Financial Stability Facility (EFSF), e dopo il salvataggio del Portogallo toccherebbe a chi e’ gia’ in fila per questo disastro annunciato, cioe’ Spagna e purtroppo la nostra benemata Italia (e qui sarebbero guai perche’ cifre e dimensioni dello stock del debito sono apocalittici).
Prima pero’ scoppieranno tensioni finanziarie di ogni tipo, e poi politiche, sociali e perfino culturali che rischiano di minare la casa europea alle fondamenta, mettendo a repentaglio la moneta unica (aspettatevi volatilita’ altissima sull’euro questa settimana successivamente al bail-out dell’Irlanda e alle smentite/conferme dal Portogallo). L’altro elemento da considerare e’ che il pacchetto di salvataggio per Atene si e’ gia’ dimostrato altamente impopolare tra i contribuenti europei, in sostanza a cominciare dalla Germania la gran maggioranza dei cittadini d’Europa (oltre il 60%; ma anche in Italia la percentuale e’ la stessa) si chiede se valga davvero la pena fare tutti questi sforzi per salvare i PIIGS, il cui caos delle finanze pubbliche e’ responsabilita’ esclusiva delle singole classi politiche alla guida dei governi locali. Cio’ potrebbe davvero portare a turbolenze molto forti in Europa nel 2011.
In ogni caso il tasso sui bond irlandesi, che era al 6% tre settimane fa, ha superato di slancio il 9% giovedi’ per poi calare all’8.14 venerdi’, il che significa comunque che i tassi d’interesse che il governo di Dublino dovra’ pagare sono aumentati drammaticamente, anche se fino a giugno 2011 il Tesoro irlandese gode di tassi bloccati e liquidita’ a sufficienza (dicono le dichiarazioni ufficiali). Ma peggio ancora il salvataggio da 80 miliardi di euro per evitare il collasso dell’Irlanda avra’ conseguenze dirette sulla popolazione, sulla fiducia complessiva, sull’immagine esterna e la percezione che del paese ha la comunita’ finanziaria globale, come e’ gia’ accaduto per la Grecia (ricordate gli scioperi e dimostrazioni con milioni di persone in strada ad Atene?); insomma il pacchetto di salvataggio per Dublino implichera’ il varo di un piano di austerita’ molto pesante, se non da “lacrime e sangue”. Proprio quello scenario che il Portogallo sembra non si senta di voler affrontare.
I dipendenti pubblici hanno gia’ subito un taglio degli stipendi tra il 5% e il 15% (quando tocchera’ anche all’Italia?) qualche ministro “irish” ha suggerito che perfino i pensionati non possono piu’ essere cosi’ sicuri della tenuta delle loro pensioni, mentre il feeling generale e’ che gli irlandesi cominciano ad averne gia’ abbastanza, prima ancora che il salvataggio prenda forma, del fatto che i banchieri della BCE di Francoforte oppure la Commissione europea a Bruxelles dettino le condizioni di vita a Dublino.
Guardate che la sigla PIIGS di cui su Wall Street Italia parliamo da almeno 3 anni sfortunatamente e’ reale, non ce la siamo inventata noi e non e’ denigratoria: e’ la brutale e neutra descrizione di cio’ di cui – come dimostra Amado – si discute nei ministeri degli esteri delle capitali mondiali e, per impostare strategie di investimento, in tutte le grandi banche globali, da New York a Honk Kong, da Londra a Tokyo, da Shanghai a Sidney. Certo non sentirete mai parlare di PIIGS a Ballaro’, Annozero o Vieni via con me.
Passi la TV, che deve per forza essere populista e puntare a “manipolare” masse di 5-6 milioni di telespettatori, ma che la grande stampa italiana, i giornali dei “poteri forti” come il “Corriere della Sera”, “La Repubblica” e “Il Sole 24 Ore” (il giornale della Confindustria oggi supera se stesso per indecenza non avendo in prima pagina neanche un rigo sul quasi-crack dell’Irlanda) quotidiani che potrebbero ma invece non parlano mai di PIIGS e dei rischi che l’Italia corre; ecco, cio’ e’ segno che l’autocensura deriva quasi certamente da complicita’ e collusione col potere politico/bancario. Fatti ed eventi finanziari di cruciale importanza di cui non si puo’ o non si vuole discutere mentre esistono eccome (anzi sembrano il classico elefante in un negozio di cristalleria) e all’estero sono addirittura tema dominante e fonte di appassionato dibattito civico. Insomma il tutto conferma il grado di inattendibilita’ e/o poca liberta’ dell’informazione in Italia.
Eppure nel famigerato gruppo PIIGS siamo gia’ arrivati alla G di Grecia e alla I di Irlanda (e forse adesso alla P di Portogallo) in termini di salvataggio dal collasso finanziario dei paesi cosidetti “periferici”. Non ci si venga a dire che la I di Italia e’ esente, non c’e’, non va ricompresa, non e’ pervenuta perche’ l’Italia anzi e’ un paradiso in terra dove tutto va bene, la Penisola e’ sicura finanziariamente, immune da questi scenari che i faziosi politicizzati o male informati definiscono “catastrofisti” e da “terrorismo finanziario” (come ci scrivono con acredine i nostri lettori bancari o promotori finanziarii piu’ aggressivi iscritti al partito dei falso-ottimisti). Con il piu’ grande debito pubblico d’Europa e il terzo del mondo e’ obbligatorio considerare una exit anche per la I di Italia, non credete? Nessuno ha il coraggio di pensare ad una exit come quella suggerita da Luis Amado a Lisbona, ma molti ci pensano. Senza contare altri due fattori: 1) nel 2011 il Tesoro italiano emettera’ Btp e Cct di importo maggiore ai bond emessi da tutti gli altri PIIGS messi insieme (Portogallo, Grecia, Irlanda e Spagna); 2) l’apogeo di caoticita’ derivante dalla politica a Roma non e’ stato ancora raggiunto, per cui da quel fronte ci si puo’ aspettare nelle prossime settimane solo il peggio.
[a] BERLINO, 12 novembre (Reuters) – Gli investitori privati che detengano in portafoglio titoli di Stato dei paesi euro devono partecipare a sottoscrivere i costi di un’eventuale crisi finanziaria a partire dal 2013, mentre fino ad allora hanno diritto a essere tutelati. Lo dice il vice-cancelliere tedesco Guido Westerwelle. Per il numero due di Angela Merkel è “imperativo” che i creditori privati condividano i costi di insolvenza una volta si chiuda – a metà 2013 – il meccanismo creato dall’Unione europea per la stabilità finanziaria della zona euro. “Non possono continuare a pagare i contribuenti: chi trae profitto da tali investimenti deve essere coinvolto nel sostenere le spese legate al rischio” spiega alla stampa.
Luca Ciarrocca
Direttore e fondatore di Wall Street Italia
Fonte: http://www.wallstreetitalia.com