Tra gossip ed economia
Giornali e televisioni si sono soffermati con eccessiva dovizia di particolari, citazioni, video e rassegne fotografiche sul discorso di Mirabello e sui partecipanti a quella kermesse che è stata presentata come l’avvenimento politico più importante per il Paese.
Mentre gli amanti delle poltrone e del gossip andavano in sollucheri e si beavano della bravura di quel leader ritrovato, che da parte sua ha riempito di ovvietà il suo proclama, il potere economico e finanziario del bel paese non stava certo davanti alla televisione ad ascoltare gli slogan del Giannullo contro Berlusconi o contro il colonnello Gheddafi, ad esempio, ma intesseva le sue storie di interessi, affari e di soldoni sempre sulle spalle e a danno della Sicilia, e sempre in assenza delle pur più impercettibili proteste dei responsabili dell’Isola.
Qualche mese fa avevamo allertato i nostri amici sulla vicenda Cariverona, Unicredit e sulla fine indecorosa del Banco di Sicilia, ricordando le affermazioni di Bossi sulla volontà della Lega di “occupare” i consigli di amministrazione delle Banche del Nord.
Affermazione niente affatto sprovveduta, ma conferma del successo della Lega, non frutto di schizofrenie del corpo elettorale, ma conseguenza dell’ascolto dei responsabili leghisti delle richieste della gente, a quanto la gente chiede nelle settimanali riunioni di partito.
Si è parlato del folclore di Gheddafi e si è gridato allo scandalo, ma non si è parlato dei risvolti economici della visita romana del colonnello, ormai socio privilegiato già in Fiat e oggi in aumento di presenza nell’assetto azionista di Unicredit, di cui Banco di Sicilia è grande azionista.
Continuiamo con il gossip noi, loro invece fanno i fatti…
Tosi, il sindaco di Verona, guarda caso, si dice preoccupato dell’aumentata presenza libica in Unicredit, presenza che unita a quella di una compagnia di investimenti di Abu Dhabi, già presente con il 4,99% in Unicredit, creerebbe problemi nel consiglio di amministrazione e relativamente all’esercizio del diritto di voto, potrebbe mettere in minoranza le fondazioni bancarie venete e determinare la perdita di contatto dell’Istituto con il territorio di riferimento.
Capito il leghista? Ma la gente pensa a Mirabello e a Montecarlo e i politicanti siciliani si azzuffano per spartirsi un nuovo governo, il 4°, esperti soltanto nel doppiogiochismo e nella incoerenza, e intanto l’economia dell’Isola va a scatafascio. Non solo non ci sono proposte per risollevare il tessuto produttivo della bella terra, ma non si riesce nemmeno a capire dove va la storia economica per poter fare almeno un tentativo di restarne agganciati.
Abbiamo dismesso il Banco di Sicilia, quel banco del territorio e per il territorio. Persino l’Irpef dei 7000 impiegati siciliani ritorna a Milano, grazie alla sentenza della Corte Costituzionale (INCOMPETENTE IN SICILIA) che ha lasciato in Sicilia le operazioni informatizzate del banco: conti elettronici, digitazione assegni e contabilità, ma soltanto fino a novembre. Poi tutto passerà in Europa dell’Est dove gli impiegati ricevono 300 euro mensili.
Si gioca tutto sulla testa dei siciliani e la storia si morde la coda: le fondazioni bancarie che erano state create per bloccare il monopolio della politica nelle nomine, ora sono il motore portante che regge le banche ma, formate dalla società civile, enti locali, diocesi e imprese, fatalmente ripropongono la presenza politica .
Quindi l’allerta di Tosi appare più che giustificata. Ma se la più importante fondazione bancaria di Unicredit, la fondazione Banco di Sicilia che, per bocca del suo presidente Puglisi, ha ribadito che manager e azionisti non hanno la sensibilità dei politici, dimostra di non aver capito che la manovra di Profumo intesa ad aumentare la presenza araba, tende soltanto ad arginare la pressione delle Fondazioni, dove volete andare?
Quale possibilità di difesa degli interessi siciliani?.
E la riprova di quanto la casta siciliana sia fuori registro e non segua l’evolversi della situazione di Unicredit è una sola: la società a cui è stata affidata l’operazione Libia in Unicredit è quella McKinley, la stessa società di consulenza da cui proviene l’amministratore delegato di Unicredit, Profumo.
Tanti saluti ai sonaturi…
Ufficio stampa
L’ALTRA SICILIA – Antudo