Kossovo sì e Sicilia no?
L’ONU, per quanto possa valere il riconoscimento formulato da 64 Stati membri su 200, attraverso la sua Alta corte dell’Aja, ha stabilito che l’indipendenza proclamata unilateralmente dal Kossovo a febbraio del 2008, non è contraria al diritto internazionale ed è perciò’ perfettamente legale.
Non vogliamo polemizzare con l’alta istituzione, ma un atto di indipendenza pronunciato esclusivamente da una parte, ed in più in una situazione di tensione, tanto che quel territorio ancora è soggetto a tutela delle forze di interposizione internazionale e quindi verosimilmente a rischio, non ci sembra proprio poter essere classificato come atto perfettamente legale e consono ai dettati del diritto internazionale.
E’ pur vero che con la globalizzazione tutto si è banalizzato, ma in questo caso entrano in gioco l’autodeterminazione dei popoli e soprattutto l’esercizio legittimo delle sovranità nazionali che, ancora, non sono state soppiantate e sostituite – grazie a dio – da sovranità artificiali costruite a tavolino dalla burocrazia internazionale ma sono, oggi come ieri, le sole autorità abilitate alla ricerca di un accordo diplomatico che così potrà avvenire, appunto, tra Stati sovrani.
Se oggi L’Altra Sicilia parla di Kossovo, lo fa per prendere atto di una situazione che si ripete ormai frequentemente anche in Nazioni la cui unità geo-politica appariva consolidata nel tempo e che vede, invece, il risorgere delle istanze indipendentiste di molti piccoli popoli che cercano di rivendicare una propria identità specifica per affrontare in prima persona, senza più’ deleghe a centralismi statali sempre più lontani, la loro possibilità di sviluppo e progresso.
Che l’Europa odierna sembri basare la sua economia e il suo fulcro industriale e imprenditoriale più sul potere locale, direttamente legato al territorio, piuttosto che sullo Stato centrale è un dato incontrovertibile.
Il successo poi e la fortuna elettorale che partiti regionalisti come la Lega in Italia o il DVD, i partiti fiamminghi in Belgio hanno incontrato ultimamente, denotano che questa Europa, nata dalle regioni, e non dagli Stati, sempre meno propensi a voler perdere le loro prerogative centraliste, mentre accelera sulla via di un’Unione di Stati, si vede rallentata dal risorgere delle rivendicazioni localiste.
Non è un caso che solo 22 Stati di questa Unione Europea si siano precipitati a controfirmare l’atto di indipendenza unilaterale pronunciato dal Kossovo. Purtroppo, ciecamente diremmo, anche l’ Italia che, dopo aver bombardato Belgrado con “l’ottimo” Ministro degli esteri di allora, D’Alema, oggi si fa distrarre dall’entusiasmo dei 22 e non riesce a capire così di aprire una grande falla nel suo sistema statale che vorrebbe ancora unitario.
Non cadono invece nella trappola del riconoscimento dell’indipendenza del Kossovo altri paesi europei come la Spagna, la Grecia, Cipro, la Romania e la Slovacchia, certamente meno distratti dell’Italia e la cui compattezza statale è minacciata da forti movimenti autonomisti locali.
I responsabili politici del Bel Paese confermano di essere tutti degli improvvisatori, forse in buona fede,ma poco attenti alle spinte sempre più’ avvertire dai cittadini dei movimenti indipendentisti.
Si pensi al Nord Est, che ha visto nella Lega la rappresentazione materiale della voglia di separarsi dal resto del Paese, e questo non certo per ragioni storiche o geografiche, ma soltanto per puro calcolo economico e, diciamolo, per il profondo antimeridionalismo che lo contraddistingue.
E la Sicilia, la terra impareggiabile? La Sicilia , senza bisogno di inventarsi mitologie fasulle o disegnarsi territori inesistenti, ha un lungo passato di cultura e di storia. Ha un popolo, un territorio e una lingua e dovrebbe esistere come Nazione, non come colonia romana.
Sei milioni di abitanti in patria ed altrettanti, figli della diaspora, in giro per il mondo; uno Statuto di Autonomia, ottenuto col sacrificio e con il sangue dopo una lotta armata contro lo Stato centrale, e poi disatteso, violentato, arzigogolato dalla politica romana, grazie agli schiavi che oggi siedono negli scranni di palazzo di Orleans. Possibile che la Sicilia, che ben avrebbe ogni ragione di fare come il Kossovo, rimanga preda delle inchieste giudiziarie tra mafia e politica, con buona pace dello sviluppo e della crescita economica dell’Isola?
Ma il problema della Sicilia non è la classe politica; sono i siciliani stessi che consentono questa classe politica. Perché I siciliani non rifiutano di andare a votare? Perché non bollano i politici attuali come privi, nei fatti, di qualsiasi rappresentatività?
Perché non istituiscono un governo e un Parlamento alternativo e, riprendendosi la dignità perduta, decidono di proclamare l’indipendenza del’Isola?
Statene certi, come succede per il Kossovo, anche per la Sicilia tutto verrà accettato come atto legittimo di sovranità nazionale, o no?
L’Altra Sicilia
Ufficio Stampa