L’antisiciliano persiste e firma
Come L’ALTRA SICILIA aveva più volte avanzato, già alla vigilia delle discussioni sul destino dello stabilimento Fiat di Termini Imerese, governo e sindacati si sono dimostrati collusi.
Il governo regionale siciliano, che per primo avrebbe dovuto difendere i lavoratori dell’area industriale insorgendo e creando addirittura delle barricate al pari dei sindacati, assenti, si sono dimostrati invece protagonisti di un gioco delle parti che noi de L’ALTRA SICILIA avevamo sgamato ma che i lavoratori di Termini non hanno capito e a cui non sono stati capaci di opporsi.
Risultato: la cancellazione dell’area industriale.
Il governo nazionale, travolto dalle ruberie di Scajola, Bertolaso e tutti quelli che la magistratura riuscirà a smascherare, sempre se gliene sarà data la possibilità, ha finto “tremore” ma poi si è allineato ai dictat dei dirigenti Fiat che, nella buona tradizione piemontese, hanno dimostrato ” “na manu chiù longa e na manu chiù curta , e poi si è seduto a tavola.
I siciliani di Termini, parte direttamente interessata, hanno assistito alla chiusura del loro stabilimento che significava povertà per 1300 impiegati più l’indotto, senza dignità e come qualcosa di ormai deciso e accettato, incapaci di difendere con le unghie e i denti quel posto di lavoro e l’avvenire di tutto il comparto industriale siciliano, pronti invece a chinarsi al nuovo padrone. E oggi l’anti siciliano Marchionne, firma e persiste.
Nella sua marcia verso il nord e poi verso i confini, novello garibardo a ritroso pero’, il suo bersaglio diventa lo stabilimento di Pomigliano d’Arco (ritorna la silloge dell’Unità : Fiat/Savoia- operai-meridione) cui viene imposto un vile baratto: lavoro (ma fino a quando?) in cambio della rinuncia ai diritti acquisiti.
Il governo ancora una volta applaude al maglioncino slabbrato, addirittura con Tremonti parla di avvento dell’economia sociale di mercato, con Sacconi lecca Confindustria, con i servi del sindacato accetta supinamente il dictat Fiat, con la sola eccezione della CGIL, almeno loro fieri a difendere il posto di lavoro dalla terribile alternativa chiusura o lavoro. Senza alcuna opposizione quindi, eccetto la CGIL, Marchionne si ringalluzzisce e persiste nel ricatto.
Bella scusa la globalizzazione! La crisi economica serve a mascherare il gioco delle parti che si scambiano governo, sindacati e fiat sulle spalle sempre dei lavoratori
Si profila, ma non solo in Italia, l’affermarsi di un’economia senza lacci, del profitto senza regole, principi tanto cari ai marpioni di Confindustria e ai padroni dell’Unione Europea. Si arriva al paradosso, che smaschera la malafede di marchionne, di considerare necessario l’aumento di produzione con la scusa di competere sul mercato globale.
Ma nel momento in cui l’industria dell’auto produce nel mondo un eccesso di prodotto pari al 40%, perché Marchionne pretende l’utilizzazione per 24 ore al giorno e per sei giorni compreso il sabato, quindi l’aumento della produzione dello stabilimento di Pomigliano e a questo subordini la possibilità di mantenere quel sito industriale?
Per L’ALTRA SICILIA soltanto per trasferire in Polonia o laddove il diritto del lavoro è sempre meno tutelato la produzione industriale automobilistica della Fiat. Come successo a Termini Imerese, come succederà a tutti quei lavoratori che non accetteranno il vile baratto: lavoro contro diritti, in assenza assoluta invece di chi dovrebbe agire da moderatore tutelando i lavoratori : le leggi.
Ufficio stampa
L’Altra Sicilia