La casta prepara i precari alle nuove elezioni
Innanzitutto crediamo opportuno riconfermare, a bando di equivoci, che sottoscriviamo in toto l’assunto della Costituzione italiana che all’art 4 stabilisce il diritto del cittadino al lavoro.
Ricordiamo che il nostro Statuto di Autonomia (Carta costituzionale), pur non facendo esplicito riferimento alle enunciazioni del titolo 1° sui principi fondamentali, comunque rinvia al Ministro Presidente dello Stato regionale di Sicilia il dovere di espletare tutti i suoi poteri per consentire che anche nell’Isola l’enunciato dell’art 4 venga rispettato.
Si potranno qui ricordare le difficoltà che oggi giorno i nostri giovani incontrano per trovare un’occupazione: crisi finanziaria europea e mondiale, difficoltà economiche delle industrie pubbliche e private, contingenze strutturali, difficoltà di bilancio del governo.
In Sicilia, terra di superlativi e di eccessi, a queste cause si devono aggiungere altre concause, vere e proprie tare ereditarie di un popolo che ha perso la dignità, ad eccezione del popolo della diaspora, quei siciliani più fieri che non si sono piegati a mendicare diritti pur legittimi, hanno preso la tanto sbeffeggiata valigia di cartone e sono andati a determinare, nelle terre del nord lontano, lo svolgersi del loro destino.
Chi non ha avuto il coraggio di partire è dovuto rimanere genuflesso di fronte al potente di turno, politico o mafioso – il discrimine ormai, secondo noi, è divenuto molto flebile – per ottenere un lavoro che gli consentisse di costruirsi unavvenire.
Si è così attuato un vero e proprio baratto tra la propria dignità personale del cittadino e l’accettazione supinadel discriminante mafioso-illegale.
Ora, il genio politico-malavitoso ha inventato un sistema per rispondere alle richieste di lavoro, ma specialmente per controllare il voto.
Una situazione di anomalia tacitamente accettata dal cittadino e cinicamente voluta dal politico come quella degli articolisti o dei precari, oggi arrivata al capolinea.
Brunetta ha puntato il dito sulle magagne della pubblica amministrazione – giustizia fora da me casa – ed ha additato ai tagli della nuova finanziaria il costo del precariato.
Purtroppo i dati del ministero parlano di 40 mila precari , di cui oltre la metà, quasi 22.500,soltanto in Sicilia; l’80% nel sud, distribuiti nelle ASL , negli enti locali e nella pubblica amministrazione.
Questi lavoratori, precari da lunga data, formano lo zoccolo forte della classe politica siciliana. Non hanno ancora capito che il loro problema lavorativo non sarà mai risolto semplicemente per consentire ai politici di avere sempre a disposizione, per ogni campagna elettorale, un bacino di utenza dove attingere a piene mani i voti di scambio, vero cancro della politica siciliana.
Lombardo (in buona fede?) chiede oggi al governo e al parlamento di votare un emendamento che consenta fondi per stabilizzare questi contratti. Noi siamo sicuri che, a parole, tutta la classe politica fingerà di voler risolvere la questione.
L’ALTRA SICILIA, a riprova della buona fede dei politicanti, propone formalmente che l’emendamento sia votato ad appello nominale in modo da poter, poi, controllare chi ha votato cosa.
Sia chiaro, noi vorremmo stabilizzare il lavoro di questi precari, ma vorremmo che la legge sia uguale per tutti e che la stabilizzazione si faccia con equità.
Infatti notiamo alcune cose: la prima, che la casta si consocia per poter trasformare i contratti precari in contratti a tempo indeterminato e con questo favorire sempre i propri amici, già imbucati negli enti locali e nella pubblica amministrazione.
Ma la Costituzione è un optional?
Come la mettiamo con l’art 97 che stabilisce il concorso pubblico come unica possibilità per accedere a un impiego stabile nella pubblica amministrazione?
Come potremmo definire equa una manovra di stabilizzazione diretta ad un solo comparto, mentre, ad esempio, i lavoratori del privato o della piccola industria, vivono la crisi del settore e perdono quotidianamente il loro lavoro, senza che nessuno se ne curi più di tanto?
Stabilizzare oggi 22.500 precari in Sicilia equivarrebbe togliere al resto dei cittadini siciliani la possibilità, per almeno due generazioni, non di venire occupati, ma semplicemente di poter partecipare ad un concorso nella Pubblica amministrazione. Non ce l’abbiamo con i precari, ma certamente con i furbi.
Nel comune di Cattolica Eraclea ad esempio il rapporto abitanti precari dell’ente locale è di 5000 a 60; nella provincia di Agrigento i precari rappresentano 1/ 18 degli abitanti, in quella di Trapani 1/45. Siamo convinti che il precariato, vera e propria piaga sociale, debba essere sanato. Ma ci auguriamo che possa venire fatto nel rispetto di quella Costituzione che tutti celebrano a parole, il che vuol dire dopo aver superato le prove di un concorso pubblico.
Se poi la stabilizzazione che la Casta prevede di instaurare, motivandola come necessario, vero e proprio ammortizzatore sociale, ebbene L’ALTRA SICILIA chiede che questa manovra venga estesa anche a tutti i giovani disoccupati siciliani, e questo sia per ragioni di indubbia giustizia, di necessaria equità sociale e soprattutto per evitare che le nuove generazioni siciliane riprendano, come i loro familiari, la via della diaspora e dell’esilio.
Ufficio stampa
L’ALTRA SICILIA-Antudo