Province e doppi incarichi, ancora una vergogna della politica
Si allarga ogni giorno la lista delle inchieste e aumenta il numero degli indagati eccellenti, veri furbi che hanno fatto affari e miliardi alla faccia dei cittadini che stentano ad arrivare alla fine del mese e che oggi sentono il soffio delle future tasse arrivare sempre più minaccioso, giustificato pero’ dal momento di crisi che attraversa il continente terracqueo.
La politica, invece di fare il doveroso passo indietro e cominciare un’opera di catarsi che necessariamente richiede l’azzeramento della ormai conclamata casta, aguzza l’ingegno e si trincera dietro i tentativi di deleggittimare ogni accusa.
Il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteoli ad esempio, dice, si è rotto le scatole per i sospetti che lo investono, nonostante i suoi capi-dipartimento passino interi pomeriggi a deporre presso i magistrati.
Scajola, lo stesso cui era affidata la difesa di Termini Imerese (ndr) riesce a sconfessare persino la moglie, Bossi fa il tiro alla fune tra Piemonte e Lombardia tra le risate di un popolo di astanti deficienti, e intanto Tremonti torna da Bruxelles in cerca di soldi e con l’obbligo di fare cassa.
Noi osserviamo, cinicamente forse, che la crisi serve almeno ad allontanare la iattura della costruzione del ponte sullo stretto, non fosse altro per la difficoltà di accompagnare questo progetto delle dovute opere infrastrutturali che altrimenti ne toglierebbero ogni valore…
Inoltre osiamo indicare a Tremonti una misura che potrebbe fornirgli un ritorno di cassa immediato di almeno 14 miliardi annuali: l’abolizione delle Province.
Invece di istituirne delle nuove, come ad esempio una delle ultime, quella Monza- Brianza, che dista poco più di dieci chilometri da Milano, le competenze delle Province, evitando i doppioni, potrebbero essere svolte da altri enti territoriali, riassumendone gli impiegati, ma soprattutto mandando finalmente a casa un’intera classe politica di 4000 persone inutili, che costano annualmente oltre 119 milioni di euro.
In Sicilia, tra i rifiuti di Palermo e gli scioperi dell’università di Messina, viviamo un momento di preoccupante silenzio, dovuto certo alle lotte interne della maggioranza, intenta a far traballare il governo Lombardo, attenta pero’ a non farlo cadere senza prima aver capito chi sta con chi e se tra Cascio, Prestigiacomo e Miccichè si troverà poi il candidato ideale per far decollare l’Isola verso un radioso avvenire di spartizioni e affari.
Ma non tutti i Comuni siciliani stanno con le mani in mano.
A Nissoria, ad esempio, si riesce finalmente a commemorare l’on. Nino Buttafuoco, dedicandogli almeno un centro polifunzionale, a Catania poi, il sindaco Stancanelli, che peraltro occupa anche la poltrona di senatore, dopo due anni di immobilismo, ha capito che la classe politica catanese non è proprio il massimo (sempre eccetto lui) e ha deciso di fare un rimpasto degli assessori, mettendo fuori tutti i politici e inglobando soltanto i tecnici, imprenditori e docenti universitari.
In pratica il rimpasto obbedisce ad un’esigenza di visibilità che implicitamente ammette il fallimento politico della Giunta originale che, ovviamente, sembra non riguardare assolutamente il sindaco di Catania che, tra l’altro – e questo è un altro mistero di quella Giunta per le elezioni del Senato, presieduta dal famoso Follini, che già si era distinta nella truffa agli italiani all’estero, perpetrata da Di Girolamo ed altri ancora sotto indagine- continua a far finta di non sapere che la carica di sindaco e di senatore sono incompatibili e perciò’ rimane convintamente in Senato e lo frequenta in maniera assidua tanto da far parte di ben due commissioni di lavoro e di partecipare a ben 352 missioni del Senato all’estero, a dimostrazione dell’impegno che Stancanelli profonde nell’espletamento della funzione a cui lo hanno eletto i cittadini catanesi e dell’immobilismo della politica etnea.
Ma Stancanelli, che ricordiamo in visita a Bruxelles con vettovaglie al seguito, da candidato al Parlamento europeo nel 2005, come tanti politici siciliani che riescono a portare centurie di assistenti e amici nelle missioni che mamma regione si inventa per dare fondo alle pur asfittiche casse regionali, si impegna per le comunità all’estero, specialmente alla vigilia delle elezioni….
Saremmo impietosi pero’ se ce la prendessimo soltanto con il sindaco di Catania perché nelle sue stesse condizioni, tra Senato e Camera dei deputati, troviamo ben 68 eletti del popolo, ancora incerti se optare per la sindacatura o se restare nelle istituzioni parlamentari e, nel dubbio, continuano ad esercitare, certamente ottimamente, entrambe le funzioni
Come il vicesindaco di Milano, sen De Corato e molti deputati leghisti, sindaci di centri minori, ma che si guardano bene dal fare una scelta che penalizzerebbe il loro portafoglio,come la lampedusana Angela Maraventano, eletta in Senato con la Lega dalle centinaia di pescatori siciliani che lavorano nell’Adriatico, famosa per aver chiesto che Lampedusa possa far parte della provincia di Bergamo e che mantiene l’incarico di vicesindaco di Lampedusa.
E’ il caso anche del sindaco di Messina, Peppino Buzzanca, dopo un periodo di ineleggibilità, causata da una condanna per abuso d’ufficio ( si era fatto portare dall’auto blu di servizio da Messina a Brindisi, pero’ per continuare in Grecia il suo viaggio di nozze) oggi riesce a sommare alla sindacatura di Messina, anche l’incarico di consigliere regionale cui lo ha destinato il voto dei cittadini della città babba.
Pagine di malaffare e di vergogne, sempre agitate sulle spalle dei cittadini. Ormai il bicchiere è arrivato al colmo e pare assolutamente giunto il momento di agire: smantellare ad esempio per mafia e criminalità le istituzioni esistenti, i servizi segreti e gli imprenditori e dare finalmente avvio ad una nuova stagione etica, soprattutto per i nostri figli, specialmente per la nostra Isola.
L’Altra Sicilia
Ufficio Stampa