In paese è festa
Da una circolare del dirigente dell’ufficio scolastico regionale veniamo a sapere che il prossimo 15 maggio, sabato, si celebrerà la ricorrenza della concessione dello Statuto di Autonomia, quindi in Sicilia si dovrebbe celebrare un giorno di festa.
Perché invece non prescrivere negli Istituti scolastici dell’Isola corsi di Storia dell’Autonomia proprio per portare con mano i ragazzi al significato ed al relativo valore di quella conquista e di quella data?
E poi, scorrendo i blog, ormai importanti per avere la temperatura della sensibilità della gente, scopriamo invece, con preoccupazione, che lo scambio tra gli utenti si svolge soltanto sul risvolto materiale della festa: si lavora, non si lavora, si può’ iniziare la festività già il venerdì’ precedente, si deve andare in ufficio anche se il sabato si lavora a metà tempo?
Queste le preoccupazioni dei siciliani: sul senso e sul significato della ricorrenza, niente. Nessuno si chiede, pochi conoscono. La gente logicamente approfitta della festività, qualunque essa sia, senza chiedersene la ragione, per godersi un giorno di libertà.
E le battaglie che l’ottenimento dello Statuto di Autonomia ha comportato?
Il significato di questo Statuto di cui invochiamo l’attuazione?
L’informazione e la tentata sensibilizzazione che tanti cercano di fare e che noi facciamo da tempo dalle pagine di questo sito?
E la campagna de L’ALTRA SICILIA, alla fine vittoriosa e riconosciuta dalla stessa Presidenza fino a decretarne la Festività, che invitava tutti i comuni dell’Isola a celebrare congiuntamente la ricorrenza del 15 maggio (www.anniversariostatutosiciliano.org), campagna iniziata a Mazara del Vallo, nonostante gli ostruzionismi delle autorità e conclusa con la grande festa popolare che ha obbligato, oggi, l’attuale Ministro Presidente dello Stato Regionale di Sicilia, Raffaele Lombardo a decretare il giorno di festa ?
Oggi soltanto i risvolti di un giorno di festa, ed alla fine scopriamo che la celebrazione prevede soltanto – bontà loro – l’esposizione della bandiera giallorossa della Trinacria negli edifici pubblici, per il solo 15 maggio, quando lo Statuto ne prescrive l’esposizione permanente per tutti i 365 giorni dell’anno, invece esponiamo permanentemente bandiera italiana e bandiera europea, peraltro simbolo non obbligatorio, secondo il trattato di Nizza, come quell’inno mutuato da Beethoven che gli europeisti più convinti si affaticano per fare passare quale inno d’Europa….).
Dimostriamo così’, nelle manifestazioni più ricorrenti del vivere civile, la nostra natura mutuata da secoli di dominazioni ed occupazioni straniere che, certamente hanno lasciato palazzi e monumenti, ma soprattutto hanno determinato una propensione alla sudditanza, ignorante e fine a se stessa.
Continuiamo a mettere in valore quello che ci viene da fuori senza riuscire a capire il tesoro che invece abbiamo nel nostro stesso interno.
E’ veramente scoraggiante toccare con mano la mancanza di sensibilità della gente e, al di là di ogni retorica autonomista, l’ignoranza su un argomento che riveste un’importanza miliare nella storia dell’Isola.
Siamo bravissimi oggi a disquisire di federalismo, ci facciamo ammaliare dalle idee della Lega, come fossero la novità, e non vogliamo ammettere che abbiamo in essere già dentro di noi, almeno dal 15 maggio 1946 appunto, questo federalismo che abbiamo ottenuto dopo una lotta armata con lo Stato centrale e che oggi è diventato di gran moda, grazie ai media, alla mancanza di argomenti di novità politica da parte della classe dirigente e alle efficaci elucubrazioni folcloristiche di personaggi in camicia verde, il colore di un territorio, inventato si’ da una retorica leghista, che in effetti non esiste ma che viene manipolato ad arte.
Statuto di Autonomia, la Carta costituzionale della Stato Regionale di Sicilia (Regione Siciliana), come carta identitaria, rivalutazione di storia sconosciuta e tradizioni sovvertite, strumento infine per dare alla Sicilia possibilità di sviluppo ed ipotesi di avvenire senza dover dipendere dalle fallite Casse per il Mezzogiorno, di democristiana memoria, servite soltanto ad arricchire partiti e istituzioni sulle spalle della Sicilia e con la scusa della Sicilia, che ha pagato, e continua a pagare con la diaspora di intere sue popolazioni la possibilità di lavoro e progresso che le venivano negate.
Istituzioni centrali che, alla fine, sono riuscite ad ingabbiare le aspirazioni del MIS e dell’EVIS che in quegli anni, siamo nell’immediato dopoguerra, raccoglievano immenso credito tra la popolazione, e che inserendosi con i tentacoli dei partiti tradizionali a Palazzo Reale (Palazzo dei Normanni) ci hanno imposto logiche di assistenzialismo piuttosto che di progresso, di regressione economica e crisi occupazionale tanto da determinare appunto l’esodo in massa di intere generazioni che oggi continuano a vivere l’emigrazione, ignorate e disattese ora dalle autorità regionali, incapaci di creare loro la seppur minima possibilità di rientro.
Popolo della Diaspora, diciamo noi, che difficilmente ritroverà la via del ritorno. E non è retorica, lungi da noi la retorica dell’emigrazione, è constatazione di fatto.
Immaginate ad esempio la considerazione che le autorità italiche hanno della Sicilia, in ogni comparto del vivere civile: lo sport ad esempio.
Il giro d’Italia, una manifestazione sportiva certamente importante, riesce a partire da Amsterdam, effettuare tre tappe in territorio olandese, ma poi arriva soltanto fino ad una linea ideale tra Avellino, Bitonto e Lucera senza toccare i territori più a sud, escludendo di fatto la Sicilia – ça va sans dire – come a voler dimostrare che la Sicilia non è Italia. Per questo, anche se offesi in un contesto generale, li ringraziamo e diciamo: lo sappiamo. Lo sappiamo e lo ribadiamo con forza: amore con amore si ripaga.
L’Italia non dovrebbe attingere alla Sicilia quando gli conviene e poi abbandonarla quando non è redditizio, è la Storia di questi anni, nonostante lo Statuto, grazie all’incapacità tutta siciliana di non aver saputo metterlo in valore, anzi di permettere la sua violazione e la relativa banalizzazione.
In questa logica di sfruttamento (ma quando lo capiremo e diremo basta ?) gli appetiti delle imprese del nord si preparano ai cantieri per la costruzione di opere megagalattiche come quel Ponte sullo stretto invocato come manna nel deserto di iniziative occupazionali, ma quelle stesse imprese sono incapaci poi di salvaguardare i pochi posti di lavoro esistenti a Termini Imerese, ad esempio, da dove scappano come cavallette dopo aver saccheggiato territori e ricchezze.
Preparano oggi, per mano della Protezione Civile, diventato EBPPI, ente benefico per pochi intimi, il “pacco” dei termovalizzatori, rimandandoci Bertolaso non a costruire le case a Giampilieri o a Caronia, ma a pontificare sulla giustezza del progetto per l’incenerimento dei rifiuti che significa, ancora e sempre, soldi alle imprese del nord e alle loro consociate mafiose, alla faccia della salute dei cittadini siciliani cui verrà imposto il fumo cancerogeno di impianti megagalattici, inutili in Sicilia sia per la dimensione relativamente ridotta dei rifiuti, sia per il fatto che ancor prima della termovalorizzazione, dovrebbe prescriversi la raccolta differenziata per permettere il riutilizzo di scorie, a quel punto razionalmente trattate e non assemblate e bruciate senza la necessaria suddivisione.
Termovalorizzatori volutamente spropositati nelle dimensioni che cosi’ concepiti servirebbero soltanto per risolvere, in Sicilia, i problemi di altre regioni. Progetto inutile quindi, senza la preventiva raccolta differenziata, come sarebbe inutile un Ponte, senza la necessaria rete autostradale e infrastrutturale di supporto.
Ancora l’ennesima cattedrale nel deserto alla faccia dell’Autonomia….
Ufficio Stampa
L’ALTRA SICILIA – Antudo