Ma quantu semu bestia, nuatri siciliani
I risultati del voto regionale hanno sottolineato un crescente interesse dei cittadini alla loro appartenenza alle piccole patrie, quelle entità come il comune e la regione, che ormai, nel sentire generale, hanno sostituito il centralismo dei poteri che appare oggi fuori gioco e fuori dagli interessi contingenti della gente.
E la dimostrazione di questo nostro asserto è data dalla vittoria di un movimento che è riuscito ad inventarsi, e millantare, su territorio, popolo, tradizioni e storia.
E ci è riuscito, vuoi per la scaltrezza dei suoi dirigenti, ma soprattutto per la bontà del messaggio implicito nel loro modo di fare politica: riportare all’entità regionale il potere decisionale, la gestione delle richieste del cittadino, proprio perché l’ente più piccolo, la piccola patria, trova la possibilità di dare risposte immediate senza dover passare il filtro di un centro arruffone e lontano, non più cosa pubblica ma ente privatistico come viene percepito oggi lo Stato centrale.
Ma senza voler abiurare al concetto di Stato nazione, secondo noi necessario nel calderone di un’Europa confusa nelle lingue e nelle tradizioni uniformizzate, oggi pero’ siamo convinti che, per rappresentare al meglio le esigenze e per rispondere alle richieste della gente, lo Stato debba trasformarsi in una vera e propria Piccola Patria .
Ma per far questo è necessaria cultura e base storica e la Lega è stata brava a centrare le sue mistificazioni, dopo aver reperito nel federalismo la possibilità di soddisfare le richieste che vengono dai cittadini e nella Padania una surrettizia storia di tradizioni e cultura.
La gente poi ha seguito Bossi e quei dirigenti, vuoi perché li sente vicini nelle manifestazioni del fine settimana a cui non mancano mai, tralasciando escort o apnee nei mari esotici, sempre a spese dei cittadini, vuoi perché sono riusciti a creare una simbologia, quella padana, santificando bandiera, fazzoletto verde e rituali di cui la gente, e specialmente i giovani, sentivano il bisogno.
Senza lasciare a Berlusconi la forza di rappresentare la gente, la Lega ha spostato definitivamente il discorso sulla esigenza di finirla con lo Stato nazione e iniziare il percorso virtuoso del federalismo.
Ma quantu semu bestia, nuatri siciliani. Dal 1946 questo federalismo che oggi rappresenta il nuovo e spopola tra i cittadini ci appartiene. Dopo lotte armate e sacrifici di tanti martiri abbiamo piegato lo Stato centrale al nostro essere diversi, essere effettivamente piccola Patria, Stato nazione. Ci eravamo svegliati dal sonno gattopardesco, stavamo per contare nel consesso delle istituzioni se soltanto fossimo stati più attenti agli infiltrati, se soltanto avessimo potuto scrollarci di dosso quel nostro essere schiavi di qualcuno e come lo eravamo stati per normanni, arabi, spagnoli, francesi e americani, stavamo per diventarlo anche degli italici.
Infatti questi hanno blandito i partiti autonomisti, li hanno pagati con l’elemosina di piccole responsabilità mentre intanto depredavano i nostri territori, le nostre ricchezze minerarie, il nostro ambiente architettonico e culturale senza avvertire il minimo cenno di reazione, senza dubitare neanche un attimo di potere tutto, di poter essere i padroni, tanto noi siciliani avevamo ripreso a dormire.
Qualche settimana fa l’onorevole Lombardo, cui ricordiamo di essere non governatore come l’imbelle Formigoni o il mite Cota, ma Ministro-Presidente della Regione siciliana (Stato di Sicilia), perdeva il suo tempo con Micciché a discutere del partito siciliano mentre a Trieste e a Milano Banca Intesa, Uniresti, Generali Rs quotidiani e cooperative del Nord est si dividevano il potere finanziario del bel Paese come al solito sulle spalle della Sicilia ma soprattutto nell’assenza dei rappresentanti istituzionali siciliani che non contavano niente, non contano né conteranno mai.
E’ notizia di pochi giorni la decisione della Corte Costituzionale, che peraltro non avrebbe competenza in Sicilia dove soltanto l’Alta Corte per la Regione siciliana (Stato di Sicilia), dismessa dal colpo di mano del presidente Gronchi nel 1957, sarebbe autorità competente a dirimere i conflitti nascenti tra Stato e regione, che ha negato il diritto della regione siciliana a percepire il gettito dei tributi erariali spettanti ala regione secondo lo stesso Statuto di autonomia. E ancora ha negato alla Sicilia l’attribuzione delle ritenute d’acconto operate dall’Amministrazione dello stato o da enti pubblici con sede fissata fuori dai confini regionali su stipendi ed emolumenti normalmente attribuiti alla regione. Anche l’IVA sulle operazioni imponibili effettuate in Sicilia, secondo la sentenza di questa Corte costituzionale incompetente in Sicilia (ndr) verrà corrisposta non in relazione al luogo della prestazione d’opera ma in relazione alla residenza fiscale del soggetto passivo d’imposta, quindi sempre fuori della Sicilia. Tre strappi in un sol colpo, a dimostrazione dell’anti-sicilianismo vigente, ma soprattutto dall’incapacità dei siciliani di farsi rispettare.
Certo il rispetto non può essere automatico, ma si conquista colpo su colpo, combattendo le ingiustizie, le illegalità , la mancanza di considerazione in cui un dato soggetto viene tenuto. Ora noi siciliani abbiamo abbassato troppe volte la testa, fingendo gattopardescamente il sonno all’azione: è giunto il momento di svegliarci .
Possibile che la regione lombardia dove brillano ad esempio il figlio di Bossi (eletto a furor di popolo e a perenne vergogna per i tanti nostri giovani siciliani plurilaureati che gettano sangue nei call center) che reclamerà stipendi e competenze che non gli appartengono, dove il fratello di La Russa reclamerà un assessorato certamente non dei meno importanti vista la sponsorizzazione, sia regione rispettata e considerata virtuosa, mentre la Regione siciliana (Stato di Sicilia), debba subire affronti e ingiustizie solo perché non è capace di ribellarsi?
L’ex ministro legista dell’ Agricoltura, colui che ha imposto alla Regione siciliana (Stato di Sicilia) il costo dei rimborsi delle multe leghiste per le quote latte, oggi divenuto governatore del Veneto, riuscirà a isolare il Veneto dalle cose nazionali e a dargli quella rilevanza e quella autonomia che consentiranno a quella regione il decollo economico sempre a discapito della regione siciliana pero’ Zaia potrà poi vantarsi di avere attuato quella dottrina federalista che il suo partito millanta da anni.
Vuoi vedere che il Veneto diventerà Piccola Patria, senza averne i titoli, mentre la Regione siciliana, federalista ante litteram in virtù di uno Statuto di autonomia misconosciuto e violentato dall’Italia, resterà sempre più schiava, bistrattata e nelle competenze di uno Stato centrale che continua a considerala sempre e per sempre colonia?
Siciliani, svegliamoci, riprendiamoci lo Statuto, attualizziamolo con Lombardo, Micciché o chiunque altro, ma possa il coraggio, per una volta alla fine, essere nostro condottiero.
Ufficio stampa
L’ALTRA SICILIA – Antudo