Palermo: la vendetta del pallone
Gli operai di Termini Imerese, nel corso dell’incontro casalingo della squadra rosanero al Renzo Barbera, hanno esposto un cartello di ringraziamento a Miccoli e compagni per la “sfrontata” (perché secca e senza attenuanti) e orgogliosa (per il suo significato intrinseco) vittoria della scorsa settimana a Torino, contro la squadra Fiat, la Juventus.
E questo suonerà come la vendetta del pallone.
Sconfitti dalle autorità nazionali e regionali, vilipesi da Marchionne e Montezemolo nelle trattative a senso unico per la chiusura dello stabilimento Fiat di Termini Imerese, sarà stato in campo calcistico che si sarà delineata la rivincita di un popolo che vuole difendere i suoi legittimi interessi ed il posto di lavoro dei suo figli in un sito industriale unico, in una situazione occupazionale asfittica dell’Isola, ridotta sempre a colonia di qualcuno.
La vendetta del pallone era già suonata con il Messina di Bortolo Mutti – in serie A prima della vergognosa svendita operata da Olga Franza che ha confinato il calcio peloritano in serie dilettanti – ed aveva provato a riscattare la dignità di un popolo che ricominciava a sognare dietro le bandiere della Trinacria che sventolavano vittoriose in molti stadi della seria A (vinceva il Messina pure a San Siro, 1 a 2 ed alla fine del girone di andata sfiorava il terzo posto in classifica).
Era con orgoglio che vedevamo i figli dell’Isola accorrere da ogni dove per vedere giocare il Messina ed incitare, con quella squadra, tutto la Sicilia al riscatto.
Abbandonavano preoccupantemente le tifoserie in cui si erano rispecchiati per mancanza di una squadra autenticamente siciliana che li facesse sognare come facevano l’Inter, la Juve o il Milan, e si rispecchiavano nella Trinacria che veniva – cosa strana ma che ci riempiva di gioia – inalberata orgogliosamente non solo nelle tribune degli stadi, ma anche sugli scudetti delle maglie ufficiali di Messina, Palermo e Catania, alla riscoperta di una fierezza smarrita.
Vinci messina era il grido e vinceva la Sicilia anche se solo per la durata dei novanta minuti di una partita che riscattava però storia stravolta, offese e torti subiti.
Anche il Catania riesce ad inanellare risultati utili e gioca un calcio sbarazzino che fa gridare “Fozza Catania” come faceva gridare ai giallorossi Fozza Messina;
così vince Palermo e la gente dell’isola riscopre l’orgoglio dell’appartenenza, non fosse altro che per lo spazio di una partita di calcio.
E la scorsa settimana il Palermo è stato grande per il significato che la sua vittoria a Torino, invocata da Zamparini già alla vigilia e dedicata poi implicitamente dal capitano Miccoli a quanti soffrono e lottano per la salvaguardia disperata del loro posto di lavoro a Termini Imerese, ha trasmesso a tutti noi siciliani.
Quando così le squadre siciliane rientreranno in campo, lo faranno fiere di un seguito di siciliani che sono riuscite a coinvolgere dopo le pause e la paura.
Sventoli quindi ancora una volta Trinacria “vinci Palermo per farci continuare a sognare” e per unire sotto un unico abbraccio tutti i tifosi siciliani, finalmente liberati dai complessi campanilismi, e riuniti sotto una bandiera comune che, chissà non possa determinare effettivamente l’inizio di una rivincita, che ci auguriamo non solo sportiva ma anche di civiltà, di cultura sospesa e di storia dimenticata.
Ufficio Stampa
L’Altra Sicilia