Elezioni e diritto
La lunga mano della presunzione democratica degli europei si impegna sugli avvenimenti del pianeta e ha per propria missione quella di intervenire nei vari stati di tensione presenti sullo scenario mondiale per vegliare sulle libertà, il rispetto dei diritti umani, il ristabilimente dello stato di diritto, ove questo fosse, anche parzialmente, compromesso.
E’ la missione del monitoraggio delle elezioni che l’Unione europea si attribuisce, forse per non essere da meno degli americani, loro sì, gendarmi della terra.
Missione rispettabilissima questa dell’Unione, ma parzialmente delegittimata perche’ non puo’ prescindere dall’analisi critica delle situazioni di difficolta’ in cui versa, talvolta, anche questa nostra societa’ occidentale, nel suo interno.
In Sicilia usiamo dire “giustizia fora da me casa” intendendo con questo, noi siciliani che siamo convinti di essere semi-dei, che a casa nostra, problemi interni non ne esistono e se ce ne fossero, sarebbero di nostra esclusiva competenza.
L’UE ha messo in essere il monitoraggio delle elezioni che si svolgono nelle aree piu’ critiche rispetto alla tutela dei principi democratici ed interviene nella preparazione, nello svolgimento e nello scrutinio di quelle elezioni che sembrano poter creare un qualche sospetto di brogli.
Spesso pero’ il confronto elettorale interessa società che si differenziano dal modello occidentale si’ che l’intervento europeo appare forzato e opposto al fine che si prefigge: non offre protezione democratica e si impone come modello estraneo a quella societa’ di donne e uomini.
Raggiungiamo quindi noi europei il paradosso di voler imporre il rispetto di una democrazia che noi stessi non rispettiamo. E’ questo il caso del monitoraggio delle elezioni in Afghanistan o nello Zimbabwe, ma questo paradosso potrebbe essere anche, ad esempio, il caso dello svolgimento delle elezioni in Italia.
Con una differenza che pero’ ci appare basilare: al sospetto di brogli, di manipolazioni elettorali, persino il tiranno Mugabe aveva acconsentito, nello Zimbabwe, al ritorno alle urne; così come in Afghanistan dove, nonostante un Karzai (che ha vissuto sempre in occidente e dall’occidente i drammi,l’occupazione sovietica e la lotta di liberazione di Amhad Shah Massoud) si sia opposto, i brogli elettorali acclarati hanno dato avvio al ri-voto.
In Italia invece, culla della democrazia occidentale, i brogli elettorali non vengono neppure presi in conto, appaiono come l’obolo obbligato, il prezzo da pagare allo svolgimento di una democrazia che, alla fine, si sente solo disturbata da queste piccole esplicazioni del suo processo democratico che deve esprimere, scusate se e’ poco, la volonta’ degli elettori.
Siamo arrivati a chiedere il monitoraggio delle elezioni anche per lÌtalia, come si fa per un paese del terzo e quarto mondo, ancora con poca dimestichezza con liberta’ e diritto.
Ricordiamo l’approssimazione con la quale le nostre autorità avevano affrontato le prime elezioni aperte agli italiani all’estero, le vergogne di Montalto di Castro, le schede che arrivavano dalle ambasciate italiane nel mondo in plichi differenti, con colori differenti, le furbizie di scrutatori e rappresenatnti di lista, l’intervetno dei Carabinieri, i sequestri, gli arresti in fragranza di reato, tutta una serie di concause che avrebbero, quantomeno, in un paese monitorato UE, determinato il riconto e come minino il ri-voto. Ma non in Italia, culla del diritto, del codice civile di giustiniano.
I brogli elettorali acclarati non determinano alcun provvedimento: in Italia no, con l’aggravante che gli italici, i soliti piu’ furbi, perseverano e firmano: lo scorso giugno 2006 i brogli si riconfermano e si aggravano.
Si interviene non solo nella farsa della competizione elettorale – invio schede, acquisto schede, recupero schede, votazioni, scrutinio – ma anche nelle operazioni di presentazione dei candidati che non vivono neppure all’estero, quando invece la legge imponeva una residenza continuativa di almeno 5 anni.
A Bruxelles, qualche giorno prima della presentazione delle liste, si presentava al console un signore che, accompagnato da un furbastro che con emigrazione e itaaliani all’estero ha costruito la sua fortuna (sic) manifestava la sua volontà di iscriversi nelle liste elettorali di Scharbeek adducendo una residenza rivelatasi poi (al giudice), fittizia e frutto di amicizie compiacenti, il tutto corroborato da testimoni oculari presenti al fatto e dall’inchiesta del magistrato che ha rinviato a giudizio questo signore chiedendone poi l’arresto.
Questo signore, potenza della democrazia e dello stato di diritto, e’ stato eletto al Senato della Repubblica ed ancora oggi, nonostante le denunce, la richesta del giudice e l’imbroglio acclarato, continua a sedere tra la maggioranza, sempre in un Senato di conniventi che per due volte ha negato alla giustizia di fare il suo corso decidendo di non concedere la levata dell’immunita parlamentare che consentisse al giudice di spedirlo in galera.
Ma questa classe che ci rappresenta, questa setta che si consorzia trasversalmente per proteggerne uno e poter proteggersi tutti, aggiunge la beffa all’inganno.
Chiediamo al senatore Di Girolamo, che oggi fa parte di un movimento di italiani nel mondo che ha il suo referente in sindacalisti inventati all’estero da Tremaglia (chi l’ha visto?) e nel sen. De Gregorio, transfuga da Di Pietro all’UDC oggi nel raccoglitore PdL, finalmente inquisito dai giudici nella vicenda Campania/Lonardo e altri, se intende ripresentarsi agli italiani e con quale dignità chiedere il loro voto e se non sente alcun rimorso e alcun senso di colpa a sedere tra gli scranni di palazzo Madama, lui che ci e’ arrivato con la frode e con l´imbroglio.
Ma si consoli il senatore Di Girolamo, e soprattutto, in questo sistema parlamentare, non si senta assolutamente solo.
Eugenio Preta
Presidente confederazione giornalisti e dei media siciliani nel mondo