Come faranno gli irlandesi a salvare la civiltà (di nuovo) dicendo no al Trattato di Lisbona (di nuovo)
Nel giro di tre settimane l’Irlanda terrà nelle sue mani, per un momento, il futuro dell’ Europa. Attraverso una stranezza della costituzione irlandese, il 2 Ottobre la Repubblica d’Irlanda sarà l’unica nazione a pronunciarsi per la seconda volta su un trattato che punta a rinnovare il funzionamento dell’Unione Europea con il suo mezzo miliardo di abitanti, attraverso un referendum popolare. Il Trattato di Lisbona, quindi, rimarrà in piedi oppure cadrà, a seconda della volontà di un milione e mezzo di irlandesi.
Visto dalla prospettiva di Bruxelles, ciò è gravemente ingiusto – un aborto di democrazia travestito da democrazia. Gli irlandesi hanno tra l’altro ostacolato i piani degli inquilini dell’European Quarter di Bruxelles già in precedenti occasioni, la più recente delle quali è stata quando hanno votato contro il trattato di Lisbona lo scorso anno.
Allora, l’establishment di Bruxelles diede la colpa della sconfitta sopratutto ad un uomo. Il suo nome è Declan Ganley. Egli è stato una delle forze portanti dietro la campagna per il No la volta scorsa, e adesso è tornato alla carica. Il nostro corrispondente ha recentemente avuto una chiacchierata con lui per capire per cosa stia combattendo precisamente, mettendosi di nuovo a capo della campagna per il No e dichiarando di voler costringere l’Unione Europea a cambiare percorso.
Inizio con dire a Mr. Ganley che, vista da Bruxelles, tutta questa storia del referendum popolare appare profondamente ingiusta. Perchè mai un milione e mezzo di elettori irlandesi devono avere la possibilità di porre una battuta d’arresto al progresso di 500 milioni di cittadini europei? “Io guarderei alla questione in maniera completamente diversa”, risponde. “Ciò che è profondamente anti-democratico è il calpestare la democrazia stessa… Il popolo irlandese ha già avuto la possibilità di votare sul Trattato di Lisbona, e il suo responso è stato No. Il No ha avuto in effetti una percentuale più alta di quanta non ne abbia avuta Obama negli Stati Uniti d’America: eppure nessuno si è sognato di chiedergli di indire nuove elezioni il mese successivo. Eppure a noi – dopo solo 15 mesi ci è stato chiesto di votare di nuovo, e sullo stesso Trattato”. Batte le dita sul tavolo per enfatizzare queste parole: “Non una virgola è stata cambiata di quel documento”.
Ma l’offesa alla democrazia è più grave, secondo Ganley, che non il semplice chiedere agli irlandesi di votare due volte – quello è stato già fatto con il Trattato di Nizza nel 2002. In questo caso, non sono solo le prerogative democratiche irlandesi ad essere violate, ma anche quelle olandesi e francesi, per citarne due.
Nel 2005, sia la Francia che l’Olanda hanno rifiutato la proposta di Costituzione Europea con due rispettivi referendum. Quello di Lisbona, sostiene Gantley, “è lo stesso Trattato”. Quali sono le prove delle sue affermazioni?. “Bene, prima di tutto, sono gli stessi redattori del documento a sostenerlo. Come ad esempio Giscard d’Estaing (ex Presidente della Repubblica Francese nda). Egli lo ha chiamato ‘lo stesso documento in un diverso involucro’. Ed essendo lui stato il presidente dell’Assemblea Costituente, credo ne debba sapere qualcosa”. Ma c’è di più . “Sul Trattato di Lisbona, egli ha anche dichiarato che la pubblica opinione sarà portata a subire, senza saperlo, delle politiche che nessuno oggi si sognerebbe di proporre pubblicamente. Tutte le precedenti proposte per la nuova Costituzione sono state inserite nel testo del Trattato di Lisbona, ma saranno nascoste o mascherate in qualche modo. Questo è ciò che ha detto Giscard d’Estaing, ed ha completamente ragione. Non c’è alcuna legge che si poteva fare con la Costituzione Europea e che invece non si può fare con il Trattato di Lisbona. Nessuna.”
Così, nel tentativo di far passare con la forza il Trattato di Lisbona, l’Unione Europea sta anche di fatto nullificando la scelta democratica dell’elettorato francese e olandese. “Milioni di persone in Francia, cioè la maggioranza, ha votato no a questa Costituzione Europea. In Olanda, milioni di persone hanno fatto esattamente la stessa cosa. Quando agli irlandesi è stata fatta la stessa domanda, anche loro hanno risposto No. Tutte e tre le volte che questo documento è stato presentato direttamente all’elettorato è stato sempre bocciato dai cittadini.”
Dal punto di vista di Ganley l’Irlanda è lungi dall’essere nella posizione di contrastare la volontà di centinaia di milioni di concittadini europei, ed ha anzi il dovere di rappresentare i risultati di quelle precedenti consultazioni. Approvare il Trattato sarebbe un tradimento nei confronti dei cittadini europei, in Francia e in Olanda – per non citare i milioni di altri che non hanno mai avuto la possibilità di votare nè sulla Costituzione nè sul Trattato di Lisbona.
Ganley parla con un tono di voce pacato anche quando, come in questa occasione, lancia delle vere e proprie bordate. “Perchè”, chiede, “quando i francesi hanno votato No, gli olandesi hanno votato No e gli irlandesi hanno votato no, continuano a propinarci la stessa ricetta? Qui non c’è da grattarsi la testa e con fare intellettuale chiedersi vagamente se c’è qualche oscura minaccia alla democrazia”. Aggiunge, senza alzare la voce: “questo è un chiaro disprezzo per la democrazia. É un atto anti-democratico allo stato puro… è una presa di posizione talmente audace da apparire inverosimile”.
La natura della presa di posizione alla quale si riferisce Ganley merita qualche considerazione. Cosa esattamente non va nel Trattato di Lisbona? “Questo trattato è un prodotto di una serie di principi e di modi di governare l’Unione Europa che chiaramente non mostrano alcuna volontà o intenti democratici”, sostiene Ganley. “Potresti sentire discutere pacatamente, a tavola in alcuni quartieri di Bruxelles e altrove, del fatto che stiamo entrando in questa era post-democratica, che la democrazia non è un meccanismo perfetto o uno strumento adatto ad avere a che fare con le sfide globali eccetera eccetera eccetera. Questa idea dell’avvento di una forma di post-democrazia è pericolosa, è sconsiderata. E’ ingenua.”
“Il Trattato di Lisbona, come già avvenne con la Costituzione Europea, mette in pratica l’idea di post-democrazia con una serie di provvedimenti concreti. Quello che colpisce maggiormente è l’articolo 48, più conosciuto con il suo nomignolo francese, la clausola passerelle. Essa sancisce che attraverso i dovuti accordi intergovernamentali, senza bisogno di chiedere il parere dei cittadini e in qualunque momento, si possono dare alle istituzioni europee maggiori poteri, nonchè apportare variazioni allo stesso documento del Trattato”, spiega Ganley. “Una volta approvata tale clausola, pensi che vorranno ancora consultare l’elettorato? Certo che no”. Se gli irlandesi voteranno si, in altre parole, il 2 Ottobre segnerà la data dell’ultima consultazione elettorale indetta per dire la propria sull’ UE. L’Irlanda avrà, a tutti gli effetti, dato via le ultime vestigia della democrazia diretta europea, non solo per se stessa, ma per l’intero continente.
La clausola passerelle non è la sola prova che il Trattato nasce da un modo di vedere post-democratico. “Un’altra cosa che produce il Trattato”, continua Ganley, “è la creazione di un suo proprio Presidente – il Presidente del Consiglio Europeo, chiamato più comunemente Presidente del’Unione Europea. “Questo Presidente”, fa notare Ganley, “rappresenterà l’Unione Europea a livello mondiale. Lui sarà una delle due persone che Henry Kissinger potrebbe telefonare, in risposta alla sua famosa domanda: “quando voglio parlare all’Europa, chi chiamo?” Ora avrebbe un numero di telefono, una voce che parla per l’Europa intera, perchè quella voce avrà la rappresentanza legale di 500 milioni di persone. L’altro personaggio che parlerebbe a nome dell’Europa è quello che si chiama un pò pomposamente l’Alto Rappresentante per la Politica Estera e la Sicurezza, che sarebbe il Ministro degli Esteri dell’Unione Europea. Per Ganley ciò va bene, ma c’è precisa: “si presume che loro parleranno per me, in quanto io sono un cittadino”, dice. “Ma io non vado a votare per questa gente. Quindi, chi gli dà il mandato, se non io, come cittadino, o te? Ah ecco: uno che non ha nulla a che fare con il nostro mandato popolare seleziona questi “rappresentanti” scegliendo nella sua stessa cerchia. Non avranno mai il problema di disputare pubblicamente le proprie idee. Non mi viene data nessuna scelta sul se voglio Tizio o Caio. Non sono rappresentato ma presentato dal mio presidente.
L’eventuale vittoria del Si in Irlanda significherebbe che la futura espansione dei poteri dell’Unione Europea non sarà mai più rimessa al voto popolare, e sopratutto che gli europei non avranno mai la possibilità di eleggere i propri più alti rappresentanti”.
E’ facile capire perchè Ganley non sia per niente benvisto a Bruxelles. Eppure, egli giura: “Io sono un convinto europeista. Non sono un euroscettico, in alcuna maniera o forma. Anzi credo che l’unico modo per andare avanti per l’Europa sia quello di rimanere unita”. Ma ha tuttavia paura che l’Europa, così come è costituita oggi, stia preparandosi verso la caduta. “Sono certo di una cosa”, dice. “Se il progetto europeo non sarà basato su solide fondamenta democratiche e responsabili, nonchè trasparenti nel suo governo, è un progetto che inevitabilmente fallirà. Ed è un progetto troppo prezioso per lasciarlo fallire, è costato così tanto in termini di sangue e ricchezze nazionali, che bisogna a tutti i costi evitare di creare le condizioni affinchè esso fallisca”.
L’intera dinamica politica all’interno dell’Unione Europea, sostiene Ganley, è superata. “Parlare solamente di euroscettici ed europeisti non fa altro che l’interesse dei mandarini a Bruxelles, in quanto non ammette l’esistenza di una opposizione leale o di un dissenso costruttivo”. Ma un’opposizione leale è proprio ciò che Ganley ha in mente di creare. “Ciò che io dico fin dall’inizo della campagna sul Trattato di Lisbona manda in tilt queste persone a Bruxelles”. “Semplicemente non riescono a processare questi concetti, in quanto non riescono a farmi rientrare nella definizione di “euroscettico”. “La loro mentalità”, continua, “è quella di amico-nemico, eppure io” e, puntando il sito verso se stesso “sono un amico, anzi un vero amico, perchè ti sto dicendo la verità. Ti sto dicendo che abbiamo un problema e che dobbiamo risolverlo”.
Poi aggiunge, riferendosi all’ establishment europeista di Bruxelles: “ho delle novità per loro. Questo piccolo cittadino europeo, insieme a milioni di altri in Francia, in Olanda e in Irlanda, gli ha detto qualcosa di molto chiaro. Ora loro possono ignorarlo e andare avanti per la propria strada, oppure ascoltare la gente, coinvolgerla, e continuare con loro”.
Invece di un immenso Trattato quasi illegibile che rimarrà a prendere polvere nei palazzi di Bruxelles, Ganley vorrebbe vedere un documento leggibile di 25 pagine, che preveda l’elezione diretta del Presidente dell’ Unione Europea, nonchè maggiore trasparenza nel processo decisionale e una voce più forte per i cittadini europei. “Dobbiamo chiedere di più ai cittadini”, sostiene, ma allo stesso modo “dobbiamo dare fiducia ai cittadini. Loro parlano di questo deficit democratico. Ma la lacuna più importante in questo momento in Europa è il deficit di fiducia, e la maggiore perdita di fiducia è stata tra quelli che governano e i cittadini, non il contrario. Cosa disse Bertolt Brecht? Che “il popolo ha perso la fiducia del proprio governo”? Questa è l’identica mentalità.
Inoltre, nonostante tutti questi discorsi sulla democrazia e sui principi, i cittadini irlandesi hanno anche i loro problemi a casa da considerare. C’è stato molto dibattito sulla possibilità che la vittoria del No potrebbe danneggiare l’economia irlandese. E un buon numero di grosse multinazionali operanti in Irlanda hanno esplicitamente chiesto di ratificare il Trattato. Davvero Ganley sta mettendo a rischio l’economia del suo paese facendo campagna per il No?
Egli nega ciò con enfasi. “Gli unici ad essere a rischio per il Trattato di Lisbona sono le elites di Bruxelles”, risponde. “La scorsa volta qualcuno disse che se avessimo votato No saremmo diventati lo zimbello dell’Europa, e invece a diventare lo zimbello d’Europa sono state proprio le elites di Bruxelles. Questo è ciò che ho visto nelle settimane seguenti il rifiuto irlandese del Trattato di Lisbona”. Continua : “Le uniche persone che rischiamo di infastidire sono un gruppetto di burocrati non eletti e ciò che io chiamo la tirannia della mediocrità che abbiamo oggi in Europa”. C’è di più, continua Ganley: “durante la storia gli irlandesi non hanno mai avuto paura di fare domande scomode e di ribellarsi per la propria libertà e la giustizia, contro oppositori molto più potenti. Sembra addirittura che provino piacere nella ribellione”
Era più facile provarne piacere, tuttavia, quando l’Irlanda stava ancora godendo di un boom economico di proporzioni storiche. E’ possibile che stavolta gli irlandesi decideranno che è meno rischioso tenere la testa bassa e lasciarsi trasportare? Dal punto di vista di Ganley, ciò sarebbe equivalente ad arrendersi. Se l’Irlanda voterà Si, sostiene, “non avremo nulla in cambio eccetto che una pacca sulla spalla da qualche mandarino e qualche elogio sul nostro essere buoni europei. Ma davvero agiamo da buoni europei se diciamo Si a questo Trattato? Ganley è convinto del contrario. “Se questa domanda fosse chiesta ai cittadini europei, se vogliono questa costituzione, sappiamo con certezza che voterebbero No in massa”. “Eppure siamo quasi letteralmente presi in ostaggio, con un’arma puntata alla testa, da qualcuno che ci dice : se non firmi questo documento, succederanno delle cose spiacevoli. Ma ciò che ci stanno chiedendo è niente di meno che svendere il resto dei cittadini europei”.
L’intero progetto europeo – quello che lui sostiene e promuove – “deve essere basato sui cittadini”, dichiara Ganley. “Deve partire dal basso, e l’Unione Europea al momento è invece calata dall’alto: non ha l’appoggio della massa dei cittadini, non ha il loro coinvolgimento. Non sanno nemmeno cosa sta succedendo. Conduce i suoi affari letteralmente a porte chiuse, e ciò deve finire e deve finire adesso”. Se Ganley ha ragione, finirà fra tre settimane, in un piccolo paese chiamato Irlanda, nella periferia occidentale dell’Europa.
Brian M. Carney
Fonte: http://online.wsj.com/