Banco di Sicilia: ruolo della Regione Siciliana e ricadute della crisi del credito sul territorio
La lettera della Fiba-Cisl al Presidente Lombardo
Abbiamo più volte sottolineato come, in una fase di profonda ristrutturazione organizzativa del Banco di Sicilia, di cui la Regione Siciliana detiene un pacchetto azionario, di minoranza ma politicamente strategico per il ruolo istituzionale che può essere esercitato, la mancata nomina dei consiglieri nel C.d.A. dell’Istituto, che dovrebbero essere da Lei designati costituisce, a nostro avviso, una grave mancanza collegata anche all’assenza dei consiglieri in quota Fondazione BdS, con la precisazione che il Presidente di quest’ultima ha dichiarato che attende “un suo cenno” per procedere.
Il modello organizzativo del Banco di Sicilia è stato, dopo la fusione tra Capitalia ed Unicredit Group, profondamente stravolto con il passaggio da banca universale a banca divisionale, con la conseguenza che le attività di Private e Corporate, nonché le altre peculiari dell’attività creditizia (finanziamenti, mutui, recupero crediti, gestione immobili, servizi, back office), sono state trasferite ad aziende del Gruppo.
La crisi finanziaria internazionale, che per fortuna non ha avuto in Italia gli stessi effetti devastanti dei paesi esteri, ma che comunque ha avuto ed avrà nel corso del 2009 pesantissime conseguenze sull’economia, l’innalzamento della riserva obbligatoria voluto dall’Associazione Bancaria Italiana ed una, veramente eccessiva, restrizione nell’erogazione di nuovo credito alle famiglie e alle imprese, in uno con una politica di recupero dei crediti insoluti ed in sofferenza assolutamente inaccettabile in quanto, spesso, affidata a società esterne, sta mettendo in ginocchio la già provata economia siciliana.
Ci fa piacere che dopo le nostre denunce si levi ora la voce delle associazioni di categoria e degli osservatori economici che parlano di strette creditizie, di revoche di affidamenti e di criteri assolutamente non rispettosi delle peculiarità delle attività economiche del territorio siciliano, una per tutte quelle agricole, che in alcune province, come per esempio Ragusa, stanno soffrendo in maniera particolare della situazione contingente.
Al di là delle cifre rassicuranti diffuse dall’azienda, assolutamente in contrasto con la realtà oggettiva e forse basate sul principio che è meglio concentrarsi su pochissimi ingenti aperture di credito a grosse imprese (in verità purtroppo poche presenti in Sicilia) piuttosto che un sostegno diffuso al tessuto economico meno prestigioso e più debole, la stretta creditizia è chiara ed evidente, anche se non ascrivibile certamente solo al Banco di Sicilia e alle politiche economiche del Gruppo Unicredit, che comunque, ormai è palese, mal si sposano con le esigenze del territorio.
Dai dati in nostro possesso riguardanti il Banco, ricavati da un esame reale delle richieste di finanziamento, risulta che per quanto riguarda il credito alle famiglie due richieste su tre vengono declinate e che per le piccole e medie imprese la stretta creditizia è aumentata del 25% e del 13% per le grandi imprese, come confermano i dati delle associazioni degli imprenditori, dei commercianti e dei consumatori.
E’ per questo che siamo a chiederLe un fattivo e costruttivo intervento, in primis con l’elezione dei due Consiglieri di parte regionale e i due della Fondazione, la cui presenza – certamente – non potrà non avere effetti costruttivi sulle future scelte strategiche del Banco di Sicilia, da sempre banca di riferimento del territorio.
Ciò alla luce anche delle preoccupanti e singolari affermazioni e deliberazioni del ministro Tremonti, che ha dichiarato di avere firmato il decreto per far “ripartire la Banca del Sud”, perché “non è possibile che il sud non abbia una banca propria”.
Facciamo notare rispettosamente, ma con profondo sdegno, cha la banca del sud esiste già, con 435 filiali sul territorio e con un bagaglio di esperienza e professionalità ineguagliabile: caro Presidente è il Banco di Sicilia, la banca di cui Lei, per il tramite della Regione Siciliana, è azionista.
E in nome del popolo siciliano, le chiediamo con garbo ma con assoluta fermezza, di adoperarsi perché questa banca che il Sud ha contribuito a costruire e a sostenere da decenni, sia giustamente valorizzata e per far si che le migliaia di lavoratori siciliani che lì trovano occupazione siano salvaguardati non solo e non soltanto nella conservazione del posto di lavoro, ma anche nella tutela delle professionalità spesso mortificate dai profondi processi di riconversione dovuti alla costituzione di società di servizi sul territorio palermitano in particolare, che procurano frustrazioni e sofferenza a decine e decine di dipendenti.
E le chiediamo di adoperarsi affinché il Banco di Sicilia, che dall’appartenenza al Gruppo Unicredit deve trarre il giovamento dell’appartenenza ad un Gruppo di respiro internazionale, non perda il ruolo, storicamente esercitato, di banca di riferimento della Sicilia, con ben pochi margini di crescita alla concorrenza, che curava piu’ che altro clienti di nicchia e segmenti residuali.
Crediamo di ricordare che il “brand” sia stato mantenuto anche per questo, ma se è rimasto solo il marchio, e non i contenuti, non intravediamo nulla di buono per la nostra martoriata regione.
Certi di un suo fattivo interessamento, unitamente a quello di tutte le forze politiche in indirizzo, porgiamo cordiali saluti, dichiarandoci pronti ad incontrarLa, laddove lo dovesse ritenere conducente per la materia di che trattasi.
Palermo, 02 marzo 2009