Alla conquista della sovranità
Non si vuole suggerire alcuna forma “perfetta” di governo. Ma in parte spiegare perché oggi da ambedue i lati della barricata la politica non riesce a soddisfare le legittime istanze dei cittadini.
Osservando il genere di paesi con i quali la Sicilia sembra allinearsi a livello internazionale qualcuno potrebbe chiedersi se questo è quello che i Siciliani vogliono e quale sia il motivo di queste “alleanze”. Paesi come la Russia, la Libia, l’Oman, l’Algeria, a voler dare retta ai media occidentali, evocano innanzitutto dittature, guerre civili, spregevoli atti terroristici. E per almeno uno di essi (la Libia) una tale visione è oggettivamente difficile da obiettare.
Se poi consideriamo come la vicinanza a quei paesi implichi anche relazioni se non proprio cordiali, per lo meno costruttive con nazioni quali Iran, Siria, Venezuela, ecco che la cosa si complica ancora di più.
Ma i segnali che arrivano indicano una Sicilia diretta proprio in questa direzione. Dal punto di vista storico la cosa non farebbe una grinza: il Regno di Sicilia non ha mai avuto grossi problemi nelle relazioni con l’oriente ortodosso e musulmano. Al contrario, la nostra esistenza è stata più volte messa a rischio da occidente. Basti pensare all’impero romano, alla guerra del Vespro, al Risorgimento.
Ma non possiamo vivere di solo passato. Il presente va analizzato per quello che è. Ed il presente ci dice che quei paesi elencati sono sì accomunati da regimi più o meno totalitari, ma posseggono anche da un’altra importante caratteristica: essi sono Stati Sovrani, nei quali il potere è gestito da un élite interna (e non internazionale come nel caso degli stati fantoccio occidentali) e nei quali il potere politico tiene le redini, mentre quello economico morde il freno.
Una situazione, quest’ultima, diametralmente opposta a quella europea e nordamericana dove, sull’onda lunga di una folle sequela di rivoluzioni “sociali” fatte non si sa bene per conto di chi, si è buttato il bambino con l’acqua sporca e l’abbattimento del potere politico è stato così scrupoloso da lasciare campo libero ad una ristretta oligarchia affaristica internazionale (per l’appunto…), con le conseguenze che tutti oggi possiamo sentire dispiegarsi sulle nostre vite.
Inquadrata da queste considerazioni, la “deriva” siciliana diventa ora più chiara e condivisibile, soprattutto per il corollario che una tale deriva implica: il recupero e la riconquista della sovranità, l’obiettivo esplicito per cui tutti stiamo combattendo.
La riconquista della sovranità è dunque per prima cosa irreggimentazione di quel potere economico che è stato sottratto ai popoli occidentali con uno spietato meccanismo di raffinata e micidiale precisione raggiunto in circa duecento anni di intrighi e cospirazioni: l’indipendenza delle banche centrali dal potere politico.
Tale indipendenza sottrae di fatto ai governi qualunque capacità decisionale in materia di politica economica e la consegna nelle mani non di un anonimo “capitale”, ma di chi quel capitale controlla grazie all’esclusivo diritto a stampare moneta, o meglio pezzi di carta senza alcun valore che non sia i pochi centesimi del costo di produzione, ma che poi vengono a noi rigirati al prezzo stampato.
Il meccanismo si appoggia poi su un sistema elettorale truffa spacciatoci per democrazia nel quale pupazzi senza alcun potere reale che non provenga da quella carta straccia a loro donata dalla stessa élite fanno finta di sfidarsi per poter tenere il posto per un massimo di due mandati consecutivi di pochi anni. Perché solo due mandati consecutivi? Non hanno neanche bisogno di nascondere il motivo. Lo gridano in faccia al popolo schiavo, tanto sono arroganti: per evitare che i politici eletti acquistino un qualche potere! Questo mentre chi stampa cartastraccia-moneta questo potere lo mantiene a vita.
Ecco che aperti gli occhi su questo, diventa all’improvviso chiaro il motivo per cui in questi giorni in Venezuela si è tenuto un referendum, indetto (e vinto…) da Chavez, per l’eliminazione del limite al numero dei mandati. Ecco che la situazione russa, con una presidenza saldamente sotto il controllo di Putin (il quale al più presto ritornerà sul trono), diventa non solo logica ma auspicabile ed auspicata dallo stesso Popolo Russo.
Ed ecco perché i governi-pupazzo occidentali, per conto dell’élite finanziaria, continuano a inveire contro Venezuela e Russia malgrado gli interessi loro e dei loro popoli dovrebbero suggerirgli il contrario.
Un’idea di quanto sia esteso e pericoloso il ricatto a cui siamo soggetti, lo ha dato la rivelazione (segnalatami da un lettore) di un fatto avvenuto in Inghilterra lo scorso 10 ottobre e portato alla luce solo di recente. Secondo un articolo del Daily Mail (“Revealed: Day the banks were just three hours from collapse” del 24 gennaio, parzialmente tradotto in italiano dal blog InformazioneScorretta),
“Il ministero del Tesoro stava preparando l’ordine di chiusura degli sportelli bancari, lo stop alle transazioni elettroniche ed il blocco totale dei bancomat.
Il primo ministro Gordon Brown stava per apparire in tv a reti unificate per annunciare che l’intero sistema finanziario inglese sarebbe stato nazionalizzato.”
La cosa più incredibile (o meglio, credibilissima visto come stanno messe le cose) è che “la nazione era ‘molto vicina’ ad un collasso completo del sistema bancario poiché ‘importanti titolari di deposito’ tentarono di ritirare i loro depositi in massa”.
Secondo l’articolo poi Lord Myners (ministro della City) avrebbe detto che «Vi furono due o tre ore quando la situazione è sembrata estremamente deteriorata, nervosa e fragile». In altre parole la situazione fu sistemata in 3 ore, il che vuol dire che tanto ci ha messo lo stato sovrano d’Inghilterra a capitolare ai ricatti di quegli “importanti titolari di deposito” e ad operare i salvataggi poi descritti nel pezzo del Daily Mail. Ecco qui:
“La Banca d’Inghilterra è stata costretta a contattare i creditori della Royal Bank of Scotland in New York e Tokio per persuaderli [come, con le preghierine?, ndr] a non ritirare i loro fondi”
Gli “importanti titolari di deposito” non sono altro che l’élite finanziaria globale, che nel momento in cui lo vorrà, farà precipitare la “nazione” non più sovrana prescelta nel caos più assoluto.
Ovviamente il folle progetto dell’élite (o Entità, così come altrove chiamata…) non si ferma all’occidente. Essa vuole controllare il mondo intero. E per fare questo ha creato un’altra bella cosa: il Fondo Monetario Internazionale (FMI) la cui azione criminale è supportata dall’usura più sfrenata, oggi nota con il nome in codice di “interesse composto”:
L’interesse viene detto composto quando, invece di essere pagato o riscosso, è aggiunto al capitale iniziale che lo ha prodotto. Questo comporta che alla maturazione degli interessi il montante verrà riutilizzato come capitale iniziale per il periodo successivo, ovvero anche l’interesse produce interesse.
L’FMI serve in pratica a condizionare senza troppa fatica l’operato di paesi non ancora propriamente “democratici” (nel senso di privi di ogni potere reale). Invece di ricorrere a fastidiose e poco popolari campagne di occupazione militare che potrebbero protrarsi all’infinito, tali paesi si assalgono una sola volta con una bella guerra economica e li si consegna nelle mani dello strozzino (FMI) che con interessi surreali (ooops… scusate, si dice “composti”) rende il paese schiavo ad perpetuum.
Tutto questo è ben presente nelle menti dei politici delle nazioni ancora più o meno libere. Ecco perché l’Islanda, che aveva sino ad ora resistito le pressioni per entrare nell’Euro, sull’orlo del fallimento ha chiesto un prestito per primi ai russi invece che all’FMI (alla fine è dovuta capitolare).
E nel caso in cui qualcuno sotto controllo abbia il desiderio di ribellarsi, provvedono con un’altra pillola avvelenata inoculata nel budget di ogni paese: il deficit pubblico. Ecco che cosa ha promesso Putin alla Tymoschenko in cambio dell’appoggio ricevuto dall’Ucraina nella storia del taglio delle forniture energetiche all’Europa (“Kiev Turns to Moscow for $5Bln Loan”, Moscow Times 10 febbraio 2009, riproposto gratuitamente anche da EffeDiEffe):
Il governo ucraino ha chiesto alla Russia di potersi assicurare un prestito di 5 miliardi di dollari per coprire il proprio deficit nel budget.
Yushchenko ha denunciato l’idea di un nuovo prestito per coprire un deficit fissato al 3% del prodotto internmo lordo malgrado una richiesta dell’FMI di eliminare tutti i deficit.
Senza una revisione del budget, qualunque accordo a lunga scadenza con l’FMI è in dubbio, anche se potessimo mobilizzare tutte le nostre risorse di prestito straniere” ha detto Valery Lytvytsky, top adviser per la Banca Centrale.
Il prestito avrebbe come obiettivo l’eliminazione del deficit pubblico in modo da castrare gli artigli occidentali. Incidentalmente l’odio anglosassone per Putin diventò irreversibile quando costui decise di usare i proventi petroliferi per coprire il deficit pubblico invece di dividerli tra la gente in modo che questa potesse spenderli in superflui prodotti occidentali.
Ma l’élite vuole anche la vita facile, e chiaramente questa non potrà esserci sino a quando dovrà avere a che fare con tutte queste monete da stampare e con tutte queste banche centrali. L’obiettivo è quello di avere un’unica banca centrale con un unica moneta globale, possibilmente non più neanche di carta, ma elettronica. Il primo passo è già stato fatto: dopo averci venduto la favola della fratellanza europea per qualche decennio, ora la verità celata dietro la facciata è venuta fuori con l’Euro. L’eliminazione della moneta nazionale è infatti l’ultimo (piccolo) ostacolo verso l’eliminazione completa (ed irreversibile?) delle sovranità.
Progetti simili esistono già in altre parti del mondo. Il più avanzato (dopo quello europeo, ovviamente) sembra essere quello dell’unione monetaria degli stati arabi riuniti nel GCC (Consiglio di Cooperazione del Golfo). Gli stati facenti parte di questo corpo sono quasi tutti fortemente dipendenti dagli americani e dagli inglesi per un motivo o per un altro. Tutti tranne uno: l’Oman.
Il ministro degli esteri omanita, Yousuf Bin Alawi, alla insistenti richieste di adesione alla moneta unica della penisola arabica, ha risposto con queste decise parole (“Oman has no plans to join the monetary union”, Gulfnews 29 dicembre 2008):
«L’Oman non parteciperà al progetto di unione monetaria nel 2010 e nemmeno del 2100 (…) I nostri fratelli negli altri 5 stati del GCC stanno andando avanti con il progetto dell’unione monetaria ed con l’emissione della moneta unica, ma l’Oman non fa parte di questo progetto»
Guarda caso tra la Sicilia e l’Oman corre un feeling particolare.
Anche in Italia molti sono i movimenti indipendentisti ed autonomisti che da sud a nord, richiamandosi alla sovranità del proprio popolo, si sono espressi a favore di una moneta locale indipendente dall’Euro [*].
In Sicilia siamo molto più avanti: Francesco Paolo Catania ha confermato che un dettagliato progetto economicamente credibile in forma di proposta di legge è in fase di completamento da parte de L’Altra Sicilia, anticipato da una analisi generale dei costi e dei benefici che una tale operazione comporterebbe (“Una ”moneta” siciliana? Una provocazione… seria”, ottobre 2008):
Forse la vera scelta è tra la dipendenza e l’indipendenza economica. La strada da noi tracciata indirizzerebbe la Sicilia verso un’autosufficienza economica che ci farebbe più liberi (magari nell’immediato un po’ più poveri, poi più ricchi, ma da subito più liberi); al contrario la strada attuale è quella di una dipendenza economica senza sbocchi, di un’economia asfittica e assistita, dove poi fatalmente tutta la società va in cancrena e fiorisce solo il malaffare.
[*] Non dovrebbe stupire nessuno che la Lega Nord non faccia parte del lotto, visto che la sua stessa esistenza non è altro che un’appendice di quelle élite finanziarie, come già descritto (vedi il post “Lega pagana”).