Rifondazione camorrista

Come è successo che il personaggio chiave di tutta l’operazione, quello che aveva spifferato tutto, a quanto pare senza sapere di stare facendolo, alcune ore dopo il suo ingresso in carcere ha posto fine ai suoi giorni? Suicidio, riferiscono gli inquirenti. Suicidio, ripetono le cronache dei giornali e i servizi radiotelevisivi.

(…)

Possibile, ma anche in questo caso, che minchia di boss era questo qui?


Addirittura nell’articolo riferisce qualche “confidenza” piuttosto particolare:

Si tolse la cintura dei pantaloni, la sistemò attorno al collo con cura e la agganciò alla grata dello spioncino della porta. Siccome riferisco notizie di terza mano, non aggiungo altro.

Perché questo particolare? Facile: perché da quando in qua lo spioncino della porta é cosí in alto da potercisi impiccare?
Sembra si tratti di una di quelle famose impiccagioni in ginocchio di massonica memoria…

Non per essere banali, ma lo avevamo detto ben due giorni fa.

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Nota 17/12/08: Avete visto che fa fare non dare ascolto ai consigli dei superiori? Si finisce che poi le ciambelle riescono senza buco e dovete metterci le pezze ammazzando in fretta e furia qualcuno (il cosiddetto “superboss”) senza avere il tempo di preparare il campo al “suicidio” con depressioni, isolamenti, paure. Fino a quando la City tirava le fila dell’operazione mafia, tutto andava liscio. Ma ora che se ne solo lavati le mani, dopo l’arresto dei Lo Piccolo, non c’é verso di combinare niente. Questo vuol dire la frase dell’Economist “non ha piú la forza di un tempo”: oramai il gioco é stato scoperto e noi ci ritiriamo. Gaetano Lo Presti, il mafioso “suicida” senza alcun motivo era forse il collegamento con le logge italiane? (Lo Presti é dato giá per capomafia. Direi che non lo era ancora. Lo sarebbe diventato se il piano avesse funzionato.)

Oggi ci siamo svegliati con una bella notizia sui nostri schermi diffusa a reti unificate da tutti i media di regime. Quella di un blitz antimafia (al solito, contemporaneamente ad uno spoglio elettorale) come non se ne vedevano da anni.

Ecco come (sotto) titolava intorno alle 7 di mattina il sito de Il Corriere:

Operazione in corso tra la Sicilia e la Toscana. L’accusa: si voleva ricostituire la “cupola” di Cosa Nostra.

Invece La Repubblica:

Mafia, maxi blitz in Sicilia. 99 fermi fra capi, reggenti e gregari

A parte l’improbabile conteggio, qualcos’altro era cambiato. Avevano fatto sparire la Toscana, sia nel titolo che nell’articolo collegato! E La Repubblica non era la sola. Stessa “manipolazione” aveva usato Il Giornale. Mentre ricompariva su Il Messaggero.

La Stampa merita un premio. Sulla pagina principale del sito la Toscana stava ferma al suo posto, ma la si faceva scomparire nell’articolo collegato.

Poi, qualche ora dopo, ecco ricomparire la Toscana su tutti i siti, dal Giornale, a Repubblica, sino alla Stampa.

E’ inutile stare a rimuginare su chi o che cosa c’era in Toscana, se uno dei mafiosi siciliani nascosto o uno dei tanti “fratelli” che, senza distinzioni di latitudine, fiancheggiavano premurosi questa “rifondazione”. Non ci interessa minimamente neanche sapere perchè qualcuno abbia “epurato” la patria di Dante da quei siti di primo mattino.

Tanto la mafia non torna più. E di nuovo, non sono io a dirlo. Lo dicono tutti i giornali italiani:

Un progetto criminale che ha come obiettivo quello di “rifondare Cosa nostra”.

Questa frase giace identica in tutti gli articoli citati. Certo qualcuno ha tentato di camuffarla, sparando nel titolo un “ricostituire la “cupola” di Cosa Nostra”. Ma no, non si tratta solo della cupola. Questi mafiosi allo sbando (o meglio “camorristi”, come si indicava la malavita organizzata in Sicilia prima che intorno al 1865 qualcuno tirò fuori dal cappello la mafia…) erano costretti a ripartire dalla base, se l’italiano non è un’opinione.

Il fatto che il procuratore nazionale antimafia dica in proposito “La mente – aggiunge Grasso – allarmisticamente corre alle ultime stragi del 1992” è estremamente significativo. Soprattutto se teniamo in considerazione che le stragi del 1992 non furono stragi di mafia, ma stragi politiche. E Grasso lo sa.

Da Siciliano, dó un consiglio spassionato alle sgangherate logge padane: lasciate perdere, non avete speranze di riuscita. Ma com’è che non vi siete ancora accorti? I pantaloni a zampa d’elefante in Sicilia sono passati di moda definitivamente.

I veri “manovratori” hanno capito che era tempo di chiudere l’operazione mafia perchè si sono resi conto che il trucco una volta svelato non poteva più riuscire. L’edizione dell’Economist del 11 ottobre 2007, all’apice della serrata campagna di richiesta dell’esercito da parte del centrosinistra siciliano, dichiarava senza mezzi termini che “in Sicilia comanda la mafia”.

Subito dopo l’arresto dei Lo Piccolo il contrordine compagni è stato diramato nell’edizione del 10 novembre: “La mafia non è più quella forza che era una volta”.

Che giravolta in appena un mese! Basta con queste figuracce da due lire. E da allora infatti silenzio assoluto sulla mafia.

Quei “manovratori” stanno da tempo tramando altro. Una rivolta degli studenti tipo Atene, ad esempio. O chissà cos’altro. Ma l’operazione mafia è (quasi) chiusa per sempre.

Nota 18/12: A volte Parlagreco non ci convince. Altre volte ci stupisce con un coraggio raro di questi tempi. Ci vuole infatti coraggio a dare ragione a Il Consiglio.

Fonte: Il Consiglio dell’Abate Vella – 16.12.2008