Sicilia non è sinonimo di racket
Bruxelles, 30 Giugno 1999
L’amore per la terra di Sicilia e per la sua gente lavoratrice è pari alla rabbia per la miopia spesso interessata verso i denigratori.
È arrivato il momento di gridare alto e forte: Basta!
La disinformazione ora è al punto cruciale. Ieri, 29 giugno 1999, al telegiornale delle 20, la nostra costernazione è giunta al colmo.
Il servizio sul siciliano che dopo aver lavorato per tanti anni fuori dalla sua terra e aver messo da parte dei risparmi, con tanto sudore, per poter intraprendere un’attività commerciale nella sua natia Palermo, visto che, come da lui dichiarato, gli mancava il mare e il sole, raccontava che una volta aperta la sua bottega, delle persone, non propriamente uomini del racket, si sono fatti avanti per chiedere somme di denaro che potevano arrivare a 700.000 mensili.
Che cose simili continuano ad esistere in Sicilia è anche vero ed è giusto denunziarli, ma la cosa più incresciosa è che alla vigilia delle vacanze, e in considerazione dell’attrattiva turistica che la nostra Isola potrebbe destare, una disinformazione razzista è pilotata, vuol tramandare l’immagine della Sicilia come terra di mafia, usura, corruzione, etc.., con la conseguenza di allontanare, non solo quanti vogliono trascorrere le loro vacanze nell’Isola, ma anche quelli che vorrebbero avviare attività commerciali e quindi creare occupazione nell’Isola….
Peró si dimentica di ricordare che oggi il racket è altrove. Il servizio televisivo ci sembra doppiamente colpevole perché, oltre alla disinformazione, veicola soprattutto presso la nostra comunità all’estero un’immagine negativa perché, se qualcuno intendesse rientrare e creare qualcosa nella sua Isola, lo invita a restare dove si trova.
Avremmo voluto leggere un qualche comunicato di un qualche “onorevole deputato o assessore” per difendere alto e forte il nome della sua terra e della sua gente, ma purtroppo questi personaggi capaci del coraggio di difendere la propria Isola non si trovano…
Ma verrà il giorno che il Siciliano nell’Isola è quello all’estero si toglieranno di dosso quel senso di colpa che da anni gli fanno portare addosso, riscoprendo la fierezza di appartenere a un popolo di antichissime civiltà, e capiranno che da anni, gruppi economici importanti, hanno fatto della loro Isola un mercato per i loro prodotti.
Francesco Paolo Catania