La Sicilia ed il federalismo fiscale: stupidaggine, autoinganno o malafede?

Come si sa il federalismo fiscale è il tema del
momento. E’ posto nell’agenda del Governo nazionale
per essere approvato al più presto.
Questo è almeno il desiderio della Lega che ha fretta
di “regalare” al popolo padano la gratificazione che
il centralismo fiscale farà rotta verso la periferia
per lasciare in loco quanta più ricchezza possibile.

Il ministro leghista Calderoli, sicuro di non trovare
problemi in casa (vedremo dopo), sta cercando consensi a vasto campo facendo un percorso a ritroso partendo addirittura dall’opposizione.

Si direbbe troppa ansia di concludere tenuto conto della portata della riforma. Ma così è.

Quello che sembra più opportuno
chiedersi, guardando lo scenario con occhio siciliano,
non è tanto quello di individuare quali sono le reali
possibilità che ha il federalismo fiscale di
raggiungere il suo obiettivo, cosa che tenteremo lo
stesso di fare, quanto quello di capire, nel caso
favorevole all’auspicio leghista, quali minacce od
opportunità può rappresentare questo traguardo per la
Sicilia.

Partiamo dalle probabilità di riuscita dell’operazione
leghista. Anche se può sembrare prematuro lanciarsi in
previsioni, tuttavia, i primi contatti non appaiono
del tutto positivi, a partire dal generico strumentale
consenso di massima avuto dal Pd, dal cui ambito,
però, è uscita la rivelatrice dichiarazione dell’on.le
La Torre (Pd) il quale, con fine intelligenza, ha
ricordato che federalismo non può che significare
devolution e quindi Senato delle Regioni.

Non può esistere una cosa senza l’altra. E qui già,
per la Sicilia, ritorna l’antico spauracchio di tutte
le Regioni presenti in Senato in condizioni omologhe.
Avrebbe, infatti, poco senso il contrario. Poi, al
ministro leghista sono arrivati gli avvertimenti della
Casa della Libertà di evitare gite fuori porta se
prima non si riesce a trovare l’accordo all’interno
del Pdl. Prima ammonizione.

Dopo il ministro leghista ha avuto l’onore di fare
parte delle sue ferie assieme al “Governatore della
Sicilia” per studiare meglio lo Statuto siciliano, per
salvaguardarne la sua “sacralità”. Quello che,
tuttavia, sorprende e meraviglia di più è che la
stessa famiglia leghista ha sconfessato il lavoro del
ministro.
Non si direbbe ma è proprio così.
I sindaci
del Veneto, infatti, non trovano producente
l’impostazione data alla riforma dal ministro
Calderoli e, tra una minaccia e l’altra, sono,
tuttavia, ben 450 (“rete dei 450”) che il primo di
ottobre, con il treno delle 6.54 partenza da Mestre e
destinazione Roma, chiederanno al Presidente
Berlusconi di volere l’azzeramento di tutti i
trasferimenti fiscali comunali, provinciali e
regionali e mantenere solo sul territorio il 20 per
cento dell’Irpef prodotta dai Comuni.

La domanda è: il quadro si può considerare sgombro da
nuvole minacciose? Non pare. Ed ora veniamo alla
Sicilia. Qui iniziano i veri mal di pancia. I vecchi
eroi dello Statuto siciliano, rivoltandosi nelle
tombe, non potrebbero non dire: ma di quale
federalismo avrebbe bisogno la Sicilia se già il
nostro Statuto era il più federale che si può?

Lo Statuto non è stato difeso, non è stata riattivata
l’Alta Corte, non sono stati nominati i rappresentanti
siciliani all’interno della stessa, cosa opportuna che
avrebbe permesso di mettere in mora lo Stato
nazionale per indurlo a nominare i suoi rappresentanti
e siamo ancora qui a parlare di federalismo col grosso
rischio di andare incontro alla concreta minaccia di
rendere nel Senato Federale tutte le Regioni omologhe.
Rischio che è già stato corso in occasione del
referendum sulla Devolution.

Dove è finita l’intelligenza, l’orgoglio, il coraggio
del popolo siciliano? Si può vivere sempre di ascari?
Dove sta il nostro sano egoismo? Proprio noi,
individualisti incalliti, poveri non associazionisti,
andiamo ramengo a portare la “sacralità” dello Statuto
siciliano in mani altrui per essere difeso? Per
favore. Proprio noi che avevamo l’occasione storica di
determinare il risultato elettorale nazionale ci siamo
lasciati abbindolare da promesse fiduciarie?

La Catalogna, che non ha fatto intelligentemente
altrettanto, ha tutto il diritto di esprimere doloroso
rincrescimento. E noi per non difendere le nostre cose
ci ritroviamo a perderci dietro le cose degli altri
chiedendo tutela a destra ed a manca. Sembra lecito
poter dire: è l’art 37 assieme a tanti altri articoli
del nostro Statuto il nostro vero federalismo fiscale.
Non svegliatevi vecchi eroi dello Statuto, non lo
meriteremmo.

Salvo Marino
29/8/2008