La dittatura perpetua
Se volessi creare una dittatura perpetua mi curerei soprattutto che essa non sia così percepita. Istituirei un sistema di partiti politici,
rigidamente controllati da me, facendo credere che si tratta di libera organizzazione politica dei cittadini.
Controllerei rigidamente i vertici di tali partiti, curandomi che gli adepti e i cittadini percepiscano l’esistenza di una libera scelta. Manterrei nell’oscurità il fatto che i partiti non saranno affatto istituzioni democratiche, ma formazioni rigide e autoritarie, con una struttura piramidale di potere. Chi sta al vertice, da me controllato, prenderà le decisioni più importanti e le imporrà a tutti gli altri in virtù del principio di autorità, curandosi che si possa creare affezione al partito grazie alla fascinazione ideologica o al senso di appartenenza.
Se qualche cittadino vorrà fondare un partito autenticamente libero mi curerei di metterlo fuori gioco con varie strategie, e questo rimarrà nascosto affinché tutti possano continuare a credere che il sistema dei partiti sia “libero”.
Inoltre, mi impadronirei del controllo della maggior parte dei mass media, e attuerei una colossale propaganda per convincere che il sistema multipartitico è per sua natura “democratico”, poiché permette a tutti di fare una scelta fra più formazioni, e soltanto se c’è un partito unico si deve pensare ad una dittatura.
Se volessi formare una perpetua dittatura mi curerei di dare potere alle persone inclini al narcisismo e all’egocentrismo. A coloro che saranno capaci di far diventare la finzione un’arte. Queste persone sapranno dire anche le più enormi bugie, e ometteranno, mistificheranno e imbroglieranno a tal punto che nemmeno loro stesse sapranno più ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Quando esse dovranno render conto ai cittadini, sapranno scaricare le responsabilità a qualcun altro. La colpa dei disastri sarà data al governo precedente, ad una vecchia autorità, o a fattori che dipendono dal sistema stesso, intesi come “forze maggiori”.
Mi curerò che i politici sappiano che la loro elezione dipenderà dall’appartenenza a consorterie, logge e clan, e che non conteranno i meriti, quanto piuttosto la sottomissione al mio potere. I politici impareranno presto, se vogliono continuare ad esser tali, che anche dopo decenni di attività saranno poche le loro “libere” decisioni, poiché il mio sistema vede una montagna di deleghe e deresponsabilizzazioni, che faranno in modo che le decisioni fondamentali siano sempre mie.
Insegnerò ai miei servi a socializzare le spese e a privatizzare i guadagni, in modo tale che la società sia povera, mentre chi esercita potere o mi obbedisce sarà ricco.
I miei servi mi saranno fedeli, proprio perché darò loro fama, ricchezza, privilegi, e soprattutto una grande ebbrezza narcisistica, di cui non riusciranno più a fare a meno, giungendo a calpestare ogni pur minima dignità di persona.
Farei in modo da rendere ogni campagna politica una sorta di spettacolo circense, utilizzando truccatori, sondaggisti, attori, insegnanti di recitazione, psicologi e sociologi. Farei in modo che l’idea di una politica come settore fondamentale per una società più giusta possa scomparire completamente.
Farei in modo da creare fazioni come “sinistra”, “centro” e “destra”, in modo tale da fomentare divisioni, facendo perdere di vista i veri interessi di tutti.
Coloro che si professeranno di “sinistra” si sentiranno superiori agli altri, e viceversa. In tal modo, anche quando emergeranno positive proposte per migliorare l’informazione o il settore politico, si manterranno le fazioni, e dunque gli effetti saranno ridotti. Chi è a “sinistra” si sentirà più “morale” di chi è a destra, e potrà giungere anche a denunciare una “dittatura dolce”, mantenendosi tuttavia all’interno dell’inganno da me creato, aderendo ad un partito da me controllato. E dunque le denunce rimarranno inefficaci, buone soltanto per alimentare il senso della maggiore moralità di chi sta a “sinistra”.
Pochi giungeranno a vedere che la dittatura si erge proprio sui partiti. Pochi saranno coloro che non avranno un padrone, e pochissimi quelli che si renderanno conto di averlo.
La dittatura perpetua sarà rafforzata da conoscenze complesse di materie scientifiche, di Psicologia sociale e di Sociologia. Punterei ad utilizzare il “meccanismo dell’impotenza”, per far sì che tutti credano di non poter modificare alcunché, e di dover subire anche quando la sofferenza cresce. Con complesse capacità impedirò ogni rivoluzione, specie quella del pensiero.
Mi varrò di tutte le conoscenze che mi necessitano per “produrre una sorta di campo di concentramento indolore per intere società, in modo che la gente sarà privata delle proprie libertà, ma sarà felice di ciò, perché sarà dissuasa da ogni desiderio di ribellarsi – attraverso la propaganda, o il lavaggio del cervello”.(1)
Terrò conto degli studi sull’impotenza acquisita, ovvero della possibilità di inibire l’impulso a reagire ponendo alcune caratteristiche nell’ambiente, che saranno percepite come immodificabili. Tale percezione convincerà l’individuo di non poter far nulla per cambiare o migliorare la situazione, rendendo inutilizzate le sue capacità di pensiero e di azione.
La capacità di instillare un senso di impotenza rappresenterà il massimo successo del mio sistema. Infatti, se gli esseri umani si sentiranno incapaci di modificare la realtà saranno indotti ad adattarvisi. Molti giungeranno a ritenere che la propria azione e il proprio pensiero siano privi di potere. Terrò conto delle spiegazioni date dallo studioso Carter G. Woodson: “Quando si controlla il modo di pensare di un uomo non c’è bisogno di preoccuparsi delle sue azioni. Non c’è bisogno di dirgli che non deve stare in un determinato posto e deve spostarsi altrove: sarà lui stesso a trovare il proprio posto e a restarci.
Non c’è bisogno di dirgli di entrare dalla porta di servizio… tanto che se la porta di servizio non esiste ci penserà lui stesso a costruirla, perché l’educazione che ha ricevuto glielo impone”.(2)
Terrò conto anche dei chiarimenti dati dal giornalista Ryszard Kapuscinsky, secondo cui la rivoluzione è possibile soltanto in seguito ad un cambiamento psicologico: “Tutti i libri che hanno per tema la rivoluzione iniziano con un capitolo che presenta il crollo di un potere già deteriorato, oppure la miseria e la sofferenza del popolo. E invece il capitolo iniziale dovrebbe essere essenzialmente psicologico, e tale da spiegare per quali motivi un uomo terrorizzato e sottoposto a ogni genere di vessazioni riesca, improvvisamente, a rompere con il terrore, a mettere fine alla sua paura. Questo singolare processo, che talvolta si svolge in una frazione di secondo, come se si trattasse di uno shock, richiede una spiegazione. L’uomo si libera dalla paura e si sente libero: se così non fosse non ci sarebbe nessuna rivoluzione”.(3)
Ma io impedirò qualsiasi cambiamento psicologico, valendomi di sottili conoscenze.
Utilizzerò il meccanismo dei “neuroni specchio” per indurre complesse associazioni e determinazioni neurologiche. Mostrerò immagini e programmi TV che condizioneranno i bambini a diventare ciò che voglio, ovvero persone dipendenti dall’esterno, con una personalità fragile, incline al materialismo, all’egoismo e al consumismo. Non mi importerà affatto se tutto questo produrrà depressione, infelicità e sofferenza. I giovani dovranno credere che il loro corpo rappresenta l’unica realtà, e che il sesso va vissuto come istinto o come bisogno immediato, senza che vi sia un rapporto umano o un legame costruttivo.
Utilizzando la TV, i videogiochi e la pubblicità, manipolerò la personalità dei bambini per renderla vulnerabile, creando nei maschietti la voglia di essere crudeli e violenti, e nelle femmine la percezione di essere soltanto un corpo seduttivo.
Terrò conto che per avere persone sottomesse occorre tenerle imbrigliate nei loro istinti più bassi. Farò in modo che le persone vivano unicamente sul livello più immediato del loro essere, ignorando o negando le loro complesse capacità cognitive e morali. Lo farò con molta efficacia, creando giochi a quiz demenziali e programmi con vallette seminude e casi umani emotivamente carichi. Milioni di persone seguiranno tali programmi, e la loro mente sarà così tanto appiattita che non leggeranno più, oppure leggeranno soltanto giornali sportivi o di gossip.
Creerò divisioni di ogni sorta, in ordine alla religione, al sesso, al colore della pelle, all’appartenenza politica o ideologica. Queste divisioni mi serviranno a fomentare odio e ad attuare guerre quando e dove voglio.
Con tutte queste strategie riuscirei a sottrarre la sovranità al popolo e prenderei le decisioni soltanto sulla base del mio potere e dei miei interessi, facendo credere che ciò sarà per il bene di tutti. Creerei il sistema economico-finanziario che più mi garantisce potere e ricchezza, convincendo tutti che esso è “naturale” e dunque immodificabile, e che segue sue proprie leggi e regole, non determinate da me.
Farò in modo che in alcune aree geografiche una certa quantità di popolazione viva nel benessere, per avere appoggio, mentre manterrò nella miseria la maggior parte delle persone in moltissime altre aree.
Questo mi servirà a decimare i popoli più “pericolosi” e a godere di maggiori risorse. Se dalle aree povere qualcuno cercherà di raggiungere le aree ricche per poter sopravvivere, farò in modo che egli appaia come un pericoloso delinquente, o “terrorista”, in modo tale che non si crei alcuna solidarietà fra i popoli, che mi sarebbe da ostacolo e potrebbe minacciare il mio potere.
Per fare in modo che nessuno sospetti e si ribelli, chiamerò la dittatura perpetua “democrazia”, e la esporterò in tutto il mondo.
P.S. Non potrei mai attuare una dittatura poiché essa sarebbe distruttiva per tutti, me compresa. Ma se analizzate attentamente la realtà vi accorgerete che qualcuno non l’ha pensata in tal modo.
Antonella Randazzo
Fonte: antonellarandazzo.blogspot.com
Link articolo originale: antonellarandazzo.blogspot.com/2008/06/la-dittatura-perpetua.html
19.06.08
NOTE
1) Parole dell’agente del Tavistock Aldous Huxley, dette durante una conferenza alla Scuola Medica di San Francisco nel 1961.
2) Cit. Steinem Gloria, “Autostima”, Rizzoli, Milano 1995, p. 169.
3) Kapuscinsky Ryszard, “Revolution”, The New Yorker, 4, 11 marzo 1985.