Chiesti gli arresti domiciliari per Nicola Di Girolamo. Ora tocca al Senato decidere
I colleghi eletti all’estero del PdL: “No comment”
Nicola Di Girolamo, il senatore del Popolo della Libertà eletto in Europa, rischia di non poter più uscire di casa.
Almeno per un po’.
Infatti per lui sono stati chiesti gli arresti domiciliari da parte del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, Luisanna Figliolia. Ora tocca alla commissione per le autorizzazioni a procedere del Senato decidere. Convocata per martedì mattina, sarà quindi la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari a occuparsi della richiesta di arresti domiciliari per il senatore del Pdl. Prima di allora, il presidente dell’organismo parlamentare preferisce il silenzio. “Di questo argomento – ha detto Marco Follini, raggiunto per telefono da Il Messaggero – ritengo corretto che si parli prima in Giunta e solo dopo fuori”.
Nell’ordinanza si fa presente, come esigenza cautelare, il rischio che Di Girolamo possa compiere ogni giorno, nell’esercizio delle prerogative di senatore, attivita’ che non gli competono. La magistratura della Capitale sottolinea, infatti, la scioltezza con cui l’indagato avrebbe compiuto una serie di illeciti.
Di Girolamo, secondo quanto accertato dagli inquirenti, ha dichiarato di essere residente in Belgio, quando invece il dato non risulterebbe da quanto acquisito. Il senatore del PdL, di fatto, si sarebbe iscritto all’Aire – l’anagrafe italiana dei residenti all’estero – senza essere realmente abitante nella località del Belgio da lui individuata. In particolare solo l’8 maggio scorso, quindi dopo la formalizzazione degli eletti, Di Girolamo ha chiesto l’iscrizione alle autorità amministrative del Belgio. Di Girolamo, che era stato convocato dagli investigatori nei giorni scorsi, si avvalse della facoltà di non rispondere.
Responsabili dell’inchiesta sono il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo ed il pm Giovanni Bombardieri. La ‘misura’ – si spiega a piazzale Clodio – non sarà resa esecutiva sino a quando palazzo Madama non deciderà in tal senso. Di Girolamo in particolare sarebbe “sprovvisto” dei requisiti della residenza all’estero al momento della candidatura. Ora, nella richiesta di autorizzazione alla giunta, il giudice Figliolia scrive nell’ordinanza che “gli esiti delle complesse indagini coordinate dalla Procura hanno consentito di raccogliere un compendio indiziario di particolare gravità a conferma delle ipotesi accusatorie formulate nei confronti degli indagati e con specifico riferimento al ruolo criminale svolto da Di Girolamo”. “Al fine di potere eseguire la misura cautelare si chiede quindi al Parlamento l’autorizzazione all’arresto dell’indagato”.
Secondo invece Carlo Taormina e Giovanni Sabatelli, legali del senatore Di Girolamo, l’ordinanza sulla quale si dovrà pronunciare il Senato risulta fondata su “elementi controvertibili e frutto di valutazioni solo parziali e non aderenti alla realtà. Ad essi saranno apportati i necessari contributi integrativi per dimostrare le buone ragioni del senatore Di Girolamo”. Gli avvocati del senatore Di Girolamo stanno per presentare richiesta di riesame al Tribunale della Libertà di Roma “cui sarà sollecitata – spiegano Taormina e Sabatelli – immediata decisione per sgombrare con celerità dubbi e perplessità che non giovano al ruolo del senatore Di Girolamo e alla istituzione di appartenenza”.
Di Girolamo si aggirava in queste ultime settimane per i corridoi del Senato, con l’espressione del viso tesa, carica di nervosismo. Cupo in volto.
Ieri sera, ore 20 circa, abbiamo cercato di contattare Raffaele Fantetti, anch’egli candidato al Senato in Europa alle ultime elezioni, colui che occuperà lo scranno di Di Girolamo, se questi veramente dovesse essere espulso. Proprio Fantetti è colui che fin dall’inizio ha puntato il dito contro il senatore eletto, accusandolo di aver imbrogliato e mischiato le carte a suo favore.
L’esponente politico, ai primi di maggio scorso, fu sentito in Procura. Fantetti ieri sera aveva il cellulare spento.
Siamo riusciti a raggiungere telefonicamente Aldo Di Biagio e Guglielmo Picchi, deputati del Popolo della Libertà, tutti e due eletti in Europa. Da loro, per ora, nessuna dichiarazione, se non un “no comment”: restano a guardare, insomma, e seguiranno, come tutti noi, gli sviluppi di questa storia.
Nell’inchiesta sono comunque coinvolti altri candidati.
Per lo sviluppo dei filoni sulla falsificazione dei voti e sulla stampa delle schede “taroccate”, dopo le verifiche della Corte d’appello, si attendono ora ulteriori approfondimenti degli investigatori delegati.