La spada nella roccia

La leggenda narra che re Artù, ferito a morte, abbia trovato rifugio in
Sicilia alle falde dell’Etna e qui fosse stato miracolosamente curato dalla
fata Morgana.

Sarà forse per un riflesso di queste leggende celtiche arrivate alle
nostre latitudini insieme ai cavalieri normanni, ma oggi i politicanti
siciliani sono tutti alla ricerca di quel Sacro Graal elettorale che possa
permettere loro di rimanere a galla nello sconquasso che sta travolgendo
l’intera penisola italiana e le isole ad essa connesse.

Il sistema clientelare sino ad oggi custode del potere politico di
Palazzo dei Normanni (appunto…) ci appare infatti sempre meno solido,
insidiato dal basso dallo smantellamento delle cosche criminali e dall’alto
dalla costante diminuzione di portata del fiume carsico di denaro proveniente
da Roma per la necessaria oliatura dell’infernale meccanismo.

La giostra del duello politico si è quindi spinta verso la ricerca di
questo mitico Graal, la cui sopravvivenza si era messa in dubbio sino a quando
negli anni ’90 un piccolo esperimento elettorale, quel Noi Siciliani che
addirittura elesse un parlamentare nazionale, non riuscì ad avvistarlo ed a
provarne definitivamente l’esistenza.

Il Sacro Graal dell’identità Siciliana è oggi custodito da un manipolo di
coraggiosi, volgarmente detti sicilianisti, che con mistica determinazione si
sono ostinati a proteggerlo dai continui attacchi mirati all’appiattimento
risorgimentale della nostra Patria.

I poco valenti cavalieri che siedono alla tavola rotonda della politica
siciliana, che fino a ieri snobbavano le argomentazioni dei sicilianisti quasi
fossero un puerile miraggio, un fenomeno di Fata Morgana (appunto…), oggi
fanno a gara per raggiungere la pentola colma d’oro abilmente nascosta alla
base di un arcobaleno di rivendicazioni fino ad ora arrogantemente
ignorate.

Il torneo fu inaugurato qualche anno fa dal nostro presidente, quel
Cuffaro che poi ama sminuirsi inspiegabilmente con il titolo di governatore,
con la presentazione dell’inno
siciliano, una canzonetta nata sulla scorta di Fratelli d’Italia

scritta da Vincenzo Spampinato, uno dei nostri più validi cantautori
altrettanto inspiegabilmente sceso di tono per l’occasione (senza contare che
la Sicilia un inno lo aveva già…).

Fallito il tentativo di Cuffaro, il Sacro Graal sembrò passare nelle mani
di Raffaele Lombardo, che con l’invenzione MPA tenne tutti con il fiato
sospeso per qualche tempo. Lombardo irretì per bene parecchi esponenti della
setta sicilianista, ma si è poi lasciato scivolare tutto dalle mani in
occasione delle elezioni di Palermo dove forse impaurito ed incalzato dal suo
stesso passato non potè fare a meno di rientrare nell’opera ed appoggiare il
pupo Cammarata.

Delusione ancora più cocente hanno subito gli adepti di Nello Musumeci,
che non solo come il Lombardo è ritornato sui suoi passi al primo fischio di
pastore udito nell’aria, ma ha persino rinnegato se stesso cancellando la sua
creatura Alleanza Siciliana. Cliccare per credere: www.alleanzasiciliana.it

Ed ora a tentar l’impresa di estrarre la spada nella roccia si accinge il
cavaliere Miccichè, presidente di questa tavola rotonda che va sotto il nome
di ARS.

Il paladino del popolo delle libertà in Sicilia, attraverso il suo blog,
ha più volte mostrato interesse verso le tematiche care ai sicilianisti,
arrivando nei giorni scorsi a chiedere di essere contattato da L’Altra Sicilia
per discutere la loro proposta di legge
per l’insegnamento della
Lingua Siciliana nelle scuole, l’introduzione del bilinguismo nella pubblica
amministrazione e l’istituzione di una serie di media in Lingua Siciliana
(Vedi il post ‘Un regalo stupendo‘,
commento n°329).

La Sicilia sta conquistando Miccichè, o Miccichè tenta il conquisto della
Sicilia?

Certo ci vuole coraggio per abbandonare il paracadute della esausta
politica romana e lanciarsi nel vorticoso mare della immortale storia di
Sicilia. Ci vuole coraggio per solcare le rotte già percorse dagli avi
normanni che qui traghettarono le leggende di re Artù e magari aprirne di
nuove. Ma al contrario di quello che si potrebbe pensare, partire proprio
dalla Lingua Siciliana vorrebbe dire salpare con il vento il poppa, visto che,
come disse con estrema apprensione un professore di linguistica
dell’Università di Catania, tal Salvatore C. Trovato,
“dietro il concetto di lingua sta spesso quello di
nazione”
.

Caro Presidente il paracadute romano è oramai logoro. E’ arrivato il
momento di levare le ancore senza guardarsi indietro per non rischiare di
rimanerci di sale come tutti gli altri , cavalier serventi in caduta libera
dopo lo sgonfiarsi del vento risorgimentale.

il Consiglio dell’Abate Vella
http://www.ilconsiglio.blogspot.com/