Alla ricerca dell’identità siciliana

Certe volte ci si chiede perché le formazioni autonomiste (vere) o nazionaliste o indipendentiste in Sicilia non abbiano mai sfondato in termini elettorali nonostante il diffuso e palpabile sicilianismo in ogni settore della società e nonostante il forte ed indubbio attaccamento all’identità da parte dei Siciliani.

Si attribuisce la colpa al bisogno, al clientelismo, ma altri popoli, più bisognosi di noi, sembrano più orgogliosi e soprattutto più coerenti nelle loro scelte politiche.

A nostro avviso il problema sta nel fatto che l’identità nazionale siciliana è debole nella percezione comune, sfocata, quasi in crisi, ed è da quest’analisi che bisogna partire per riconquistarla, altrimenti, come diceva lo storico Titone, si degrada fatalmente da “Nazione a Regione”, senza che ce se ne accorga, perdendo con la nazionalità tutti i propri diritti di Popolo.

In questo la Sicilia sembra accomunata nella sventura ad un altro popolo, quello bielorusso, che ha sì l’indipendenza ma che quasi non la vuole, delegando ad una classe politica ed a un dittatore filorusso la propria vita, quasi vergognandosi della propria storia. La Bielorussia, diventata indipendente per abbandono, soffre di nostalgia per essere di nuovo colonia russa; talvolta ci viene da pensare che la Sicilia, se l’Italia si sfasciasse, farebbe la stessa fine.

Si legge qua e là che l’identità nazionale sarebbe figlia di tre cose, tutte carenti in Bielorussia (e in Sicilia): la presenza di una classe dirigente, di un’élite compatta e diffusa alla guida della società e consapevole della propria missione storica di avanguardia di una nazione, la presenza di uno stato (da noi solo una “regione” sia pure con tanti secoli di stato, lì uno stato che …non era mai esistito prima), una tradizione letteraria ininterrotta (no comment sul siciliano, pure vivissimo come lingua parlata).

Tentiamo di generalizzare l’osservazione e di capire quali sono i punti che “fanno” una nazione e che si può fare per rafforzarli. Tentiamo così una TRILOGIA DELLA NAZIONE SICILIANA

A – AREA: ECONOMIA E SOCIETA’

1) presenza di una classe dirigente, di un’élite politica, economica e sociale compatta: da noi la massima aspirazione è farsi “rotariani” (con tutto il rispetto per la meritoria associazione) o entrare nella “massoneria” in logge che si chiamano “Mazzini”, “Garibaldi”, o nell’Opus Dei a servizio del centralismo della curia romana; a quando una “eterìa” che raccolga imprenditori, professionisti, professori universitari, burocrati pubblici votati alla causa della Sicilia?
2) avere interessi economici propri e contrapposti a quelli del paese che tenta di assimilarci: qui va meglio, si tratta però di spiegare ai Siciliani che qualunque cosa, o quasi, fa l’Italia lo fa contro i nostri interessi. Molti non lo sanno…o sono rassegnati.
3) avere un giusto grado di autosufficienza economica, energetica, etc.: anche qui non ci sono dubbi, ma il popolo siciliano, drogato dall’assistenza è come sotto incanto della Fata Morgana. Sa di essere povero, glielo inculcano sin dalla nascita. Sa che la maggior fortuna è “emigrare al continente”, ma per fortuna non è affato così per legge divina, ma solo per la subalternità che ci siamo scelti.
4) avere confini geografici dati dalla natura: è l’unica cosa che ci salva sempre, come diceva il “catechismo politico del sicilianismo” di Michele Amari. Anche se facessero il ponte, Dio non voglia, i confini della Sicilia e la sua indivisibilità sono un fatto incontrovertibile.
5) avere un associazionismo, sportivo, sindacale, da tempo libero, culturale, etc. su base siciliana: qui c’è molto, molto, da fare, ma non è impossibile, bisogna solo capirlo…nelle comunità all’estero va già meglio che in Sicilia ad esempio…

B – AREA: POLITICA E DIRITTO

6) avere uno stato proprio: anche una “regione siciliana” che di fatto è uno stato confederato, con il Parlamento più antico del mondo, non è un cattivo punto di partenza. Si tratta di valorizzarlo, anziché di picconarla ogni giorno, anche se ad amministrarla sono dei fantocci dell’Italia. Bisogna sempre distinguere l’istituzione da chi la governa.
7) avere tradizioni giuridiche e ordinamenti giudiziari propri: qui stiamo male. Le leggi siciliane sono le brutte copie di quelle italiane e l’ordinamento giudiziario è autonomo in minima parte. Ma una forma di associazionismo popolare potrebbe portare all’ARS chissà quante proposte di legge e quindi…
8) avere una capitale riconosciuta storicamente: così così… Palermo è senza dubbio la capitale siciliana, ma è anche simbolo di un odiato centralismo regionale inefficiente. Bisognerebbe distinguere l’amministrazione, da decentrare, dal ruolo di “capitale-vetrina”, da valorizzare. Il gioco dell’Italia è, però, quello di mortificare le antiche capitali del sud, soprattutto Napoli, per evitare che diventino di nuovo centri di aggregazione. Divide et impera, no? Ma abbiamo l’asso nella manica. Se Messina, Catania e Palermo si alleano (idealmente) chi può fermarle? Costruiamo una Sicilia policentrica, con ruoli differenziati, e risaniamo l’antica capitale…Ma avremo l’Italia contro…
9) avere un sistema scolastico autonomo che valorizzi statuto, lingua, letteratura e storia proprie: qui siamo proprio all’anno zero.
10) avere tutele internazionali alla propria autonomia: e da chi? Sono tutti “amici” dell’Italia, a iniziare dagli USA? Forse la Russia, ma è un discorso molto lungo che qui si può solo accennare…

C – AREA: CULTURA E LINGUA

11) tradizione letteraria: è stata sempre sottomessa a quella italiana, anche ai tempi dell’indipendenza, ma dal 1860 è stato un disastro.
Ci vuole un vero revival della lingua e cultura siciliana.
12) avere una koinè linguistica siciliana: perché non ripartire dal siciliano letterario (arcaico e delle persone colte) per poi adattarlo alle necessità di ogni giorno. Anche Israele e la Grecia moderna ci sono riuscite, persino la Bielorussia col dialetto di Minsk. E noi? Inseguiamo le “parlate” e l’ortografia fonetica, l’imbarbarimento di ogni giorno e le mescolanze con l’italiano?
13) avere un bilinguismo ufficiale: anno zero.
14) avere un sistema autonomo di media e TV: anno zero o quasi.
15) avere una religione distinta dal paese “assimilante”: improponibile e comunque non è la nostra situazione (anche se una maggiore autonomia organizzativa interna della chiesa cattolica siciliana, la cui autocefalia da Roma è durata fino al 1870, dovrebbe entrare nella nostra agenda, così come un riavvicinamento di questa alle sorelle chiese orientali con le quali è stato troncato ogni rapporto storico, ma pur sempre nel quadro di uno stato laico e liberale).

Su questi temi si potrebbe avviare una riflessione più profonda, ma qui si vogliono appena sollevare.

Senza questi caratteri la Sicilia rischia di restare espressione geografica o terra di conquista.

Thipheus