I Partiti politici odierne Compagnie di Ventura
Quando il 15 maggio 1946 il governo romano si precipito’ a concedere con decreto luogotenziale lo Statuto di Autonomia, da Roma calarono in Sicilia i propagandisti dei tanti partiti che spiegarono minutamente agli elettori come l’indipendentismo fosse un’aspirazione superata dalla concessione di una « speciale » autonomia che soddisfaceva in tutto le attese dei Siciliani. Fu cosi’ che molti Siciliani abbandonarono il MIS (Movimento per l’Indipendenza della Sicilia) e confluirono nei partiti italiani.
«Per comprendere i partiti, la loro ragione di esistere ed il loro modo di operare, bisogna fare un salto indietro nel tempo e rifarsi alla ragione di nascere ed il modo di operare delle compagnie di ventura e dei loro capitani.
All’epoca dello splendore di esse, in realtà, levarie città, regioni o repubbliche, non avendo voglia di combattere in persona propria, ritennero opportuno di assoldare degli avventurieri, che, a loro volta, per potere adempiere la funzione furono costretti a creare delle compagnie di ventura composte da elementi eterogenei, senza patria, ideali e fede destinati a combattere – o far finta di combattere – facendosi mantenere dalle popolazioni che credevano di essere difese da queste bande di lanzichenecchi. Una sola la fede, uno solo l’ideale di costoro: “ il soldo “.
Su questa trama sottile e, del tutto illusoria, nacquero le grandi compagnie di ventura che si combattevano a vicenda o fingevano di combattersi e che difendevano o fingevano di difendere le varie Milano, Venezia, Bologna, Parma, ecc. ecc…
Con tutta più giudicata spregiudicatezza passavano a difendere una città e poi tranquillamente i nemici di questa città, ma erano costanti due fatti
Nessuno mai vinceva definitivamente l’avversario, ma si limitava a dare battaglie non conclusive nelle quali morivano i fessi o gli zoppi che non erano potuti scappare;
Ogni buon capitano aveva grande interesse che il suo nemico fosse forte perlomeno per numero e per soldi, perché questo lo autorizzava ad avere a sua disposizione un maggior numero di lanzichenecchi e a pretendere per se e per i suoi un quantitativomaggiore di soldi.
In realtà, ed in conclusione, tutta la faccenda si riduceva a spremere dalle popolazioni quanto più possibile, sino a quando le stesse non si fossero ridotte allo stremo, dopodiché il capitano cambiava bandiera dopo avere possibilmente saccheggiato la regione che lo aveva con tanta fiducia e con altrettanta ingenuità pagato e glorificato.
I partiti odierni, almeno in Italia, sono la esatta, seppure meno glorificante, immagine delle sullodate compagnie di ventura. I democristiani ci difendono dai comunisti, i comunisti dai democristiani, tutti e due dai fascisti, ecc. ecc…
In realtà ogni compagnia che – visti i risultati – si potrebbe chiamare di sventura, ha interesse ad avere un avversario numeroso e ben pagato per potere, a sua volta, incrementarsi e meglio pagarsi. Entrati in questo giro, le compagnie diventano sempre piùnumerose con l’assoldamento di lanzichenecchi pagati con lauti stipendi, inquadrandoli nelle varie bande costituite dagli enti pubblici che, per questo fine, sono diventati decine dimigliaia e che, lungi dall’essere soppressi, seguiteranno ineluttabilmente a proliferare. Nella logica del sistema, viene considerato un eroe chi ruba e subito viene eletto capo della banda alla quale ha procurato soldi (oltre, ben s’intende, che a sè stesso).
Ed è cosi’, che le odierne compagnie di ventura, con la scusa di difenderci, vivono alle nostre spalle rubando, sperperando, saccheggiando e riducendo il paese cosi’ come l’hanno ridotto.
Le compagnie di ventura ebbero fine quando si crearono gli eserciti nazionali ed ognuno penso’ che, anziché farsi difendere in questo strano modo, era più conveniente difendersi in modo diretto ed, evidentemente, coloro che combatterono gli eserciti nazionali furono le compagnie di ventura che vedevano svelato il gioco e finiti i proventi.
Noi del MIS avevamo idee non di parte ma di Sicilia tutta ed eravamo, di conseguenza, seppure altra forma, un esercito nazionale.
I partiti dovevano essere e furono ineluttabilmente i nostri più accaniti nemici, lo sono tutt’ora e lo saranno sino a quando ci sarà qualcosa da spremere e da saccheggiare.
Ed i Siciliani li seguono perché non si sottrassero, né si sottraggono all’aurea regola cinese secondo la quale: “La madre dello stupido è sempre in cinta!”.
Noi, come classe dirigente, eravamo pochi, perché poco sono coloro che hanno in animo di dare senza prendere. Gli altri, quelli dei partiti, erano molti,perché molti sono coloro disposti a prendere senza dare.
Questi ultimi hanno per patria chi li paga e la Sicilia non paga,laddove i partiti pagano laudamente e promettono ancora più generosamente, creando grandi masse di clienti che mangiano e, quando non possono, lo fanno, aspettano e sperano di mangiare.
In simili condizioni tutta la classe politica dirigenziale Siciliana era ed è contro di noi ed è da domandarsi quale colpa possa avere il Siciliano medio se è indotto a seguire la grande massa di fanfaroni che lo ingannano, anziché i pochi che gli indicano la via del giusto e del bene.
Oltretutto a questi ultimi non mancano i mezzi che si procurano proprio a spese del Popolo Siciliano che derubano, truffano e ingannano, mentre a noi questi mezzi finanziari e questa organizzazione è sempre mancata, perché ci è parso ripugnante, per la natura stessa del nostro sentimento, approfittare del nostro stesso popolo.
E’ stato cosi’ che coloro che lo ingannano lo hanno frastornato al punto da avere successo e noi, che siamo veramente per i Siciliani ed, in realtà, dovremmo avere la comprensione e l’appoggio di tutto intero un popolo, lo abbiamo avuto solamente da coloro che hanno combattuto senza nulla chiedere e sono tornati senza bottino dopo aver dato alla Patria quanto potevano.
Dopotutto noi potevamo garantire a tutti i Siciliani un avvenire migliore ed un benessere per domani mentre quelli dei partiti regalavano cinque chili di pasta per oggi.
Che colpa dare ad un povero disgraziato che non ha da mangiare oggi? Si tratta, come spesso accade, di una vittoria del male sul bene».
Attilio Catrogiovanni
Linguaglossa (CT) – 15 maggio 1908 / 5 ottobre 1978)