Noto sfregiata mentre i petrolieri italiani ballano felici
Ci risiamo: oggi la farsesca macchina teatrale dell’Italia unita si rimette in moto in Sicilia, a poche settimane dalla buffonata dell’inaugurazione della pista dell’aeroporto di Comiso. A pochi chilometri di distanza.
Questa volta si tratta della cattedrale di Noto, la cui cupola crollò nel 1996 a seguito dei danni subiti nel terremoto nel 1990.
L’apparato giullaresco, guidato dal signorino Romano Prodi, scenderà nei possedimenti d’oltre faro per la finta inaugurazione della suddetta cupola. Finta perchè i lavori non sono affatto completati, visto che ancora le pareti della volta sono bianche da affrescare e chissà quando quest’altra FONDAMENTALE parte del restauro verrà completata.
Finta perchè il giorno della pretesa inaugurazione, più che un giorno di gioia per i siciliani, dovrebbe essere un giorno di vergogna per tutti gli italiani. Un giorno in cui la vergognosa realtà di segregazionismo e oppressione dello Stato “Unitario” viene sbattuta in faccia al mondo intero.
Nel 1693 Noto fu distrutta da un terremoto immane. Per la ricostruzione fu individuata un’area e la decisione fu sottoposta addirittura ad un referendum (Nota Bene: siamo nel XVII secolo. Il solo fatto che il referendum fosse indetto fa vedere quanto la Sicilia fosse avanti rispetto al resto dell’Europa. Che poi il risultato non venne rispettato – vinsero i no – non dovrebbe scandalizzare più di tanto. Mi pare che oggi in tutta Europa funzioni così, vedi referendum sulla costituzione europea). Noto, l’intera città di Noto come oggi la vediamo (ad esclusione del turpe grattacielo in stile italian-coloniale) fu pronta nel 1712, in soli 18 anni dal giorno del terremoto.
300 anni più tardi, in una Sicilia finalmente libera dall’oppressore straniero (almeno così recitano i nostri sussidiari) dopo 11 anni ancora non si è riusciti a completare la sola cupola della cattedrale. E questo non dovrebbe stupire nessuno: Messina è stata distrutta da un evento simile 100 anni fa, ed ancora si vive nelle baracche. La Valle del Belice è stata cancellata da quasi 40 anni: andate a visitare Gibellina ora e fate un confronto con la Noto barocca, che differenza di stile! Per non parlare del finto artista che hanno mandato ad imbrattare di cemento le colline del sito originario (il cosidetto Gretto): ecco un’opera del periodo dell’Italia “Unita” che passerà alla storia come simbolo di 150 anni di sfruttamento.
Ci si mettono ovviamente anche i pennivendoli della stampa nazionale che, prezzolati da colui che già si crede futuro premier in pectore (che ridere!), scrivono sul Sole 24 Ore che il crollo della cupola “fu un disastro per chi ama l’architettura siciliana dei primi del settecento”. Un insignificante giornalista da quattro lire che crede di poter liquidare il barocco siciliano come una specie di trastullo per quattro specialisti in materia. Purtroppo per te ed i tuoi boss di Confindustria la realtà non può essere cambiata dalle pagine del vostro giornale.
Ma la giornata campale non finirà qui. Si grida infatti alla vittoria per un’altro fatto ancora più sinistro del primo e che riguarda ancora Noto, e cioè la decisione della Panther Oil, società petrolifera Texana, di rinunciare a trivellare nelle vicinanze della cittadina.
Possiamo ritenerci soddisfatti, è vero: si dovrebbe essere contrari a qualunque sfruttamento del territorio fino a quando la Sicilia rimarrà in mano allo straniero padano. Ma non possiamo non chiederci come mai all’improvviso il fronte contrario abbia avuto a disposizione tutti questi mezzi economici (addirittura film e documentari di alto contenuto tecnico), mentre nel resto della Sicilia si continua a morire di cancro o a nascere malformati per gli stessi motivi e non si è riusciti a produrre nessun film con soldi provenienti, come pensano di farci credere gli autori (sicuramente in buona fede) “dal basso”, cioè tramite donazioni di privati cittadini.
Ebbene, visto che qui al Consiglio siamo abituati a pensare male (o forse semplicemente a “pensare”) ve lo diciamo noi: ci siete riusciti perchè così facendo avete fatto un favore all’ENI, che non vedeva di buon occhio il tentativo della Regione di permettere ad una rivale di operare nel suo feudo privato.
Statene certi: nessun vincolo definitivo verrà posto sull’area, perchè una volta eliminato il rivale americano cheti cheti arriveranno i padani a cercare di rubarsi il nostro metano.
Il progetto Sicilia di Confindustria
Pubblicato da Abate Vella
http://ilconsiglio.blogspot.com